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"Io, cieca, vi racconto Roma La città che non vuole me e il mio cane guida Jonny"

Francesca Pizzolante
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La Roma turistica non accetta il cane guida. Non solo taxi ma anche ristoranti e alberghi si rifiutano di accogliere il cieco accompagnato dall'assistente a quattro zampe, così come prevede ed obbliga la legge n.60 dell'8 febbraio 2006. Nella giornata nazionale dedicata all'animale, angelo custode del non vedente, Il Tempo è ritornato, a distanza di due anni dalla prima inchiesta, a fare un giro per la città per documentare se, nel frattempo, le cose siano migliorate e la capitale sia diventata a misura di disabile, così come promesso e giurato a gran voce dalle associazioni di categoria dopo la nostra prima denuncia. Il risultato è raccapricciante: l'80% delle strutture ricettive e ristoranti al chiuso non gradiscono la presenza del cane guida, gran parte dei tassisti continua ad accampare scuse per non far salire il cane: «Sono allergico, mi dispiace» o «La macchina è troppo piccola» oppure, ancora, «Non ho la gabbia». Protagonisti di questa brutta pagina di intolleranza, ignoranza e rifiuto sono Ada e Jonny, simpaticissimo labrador di nove anni. Sono loro che decidono di testimoniare in prima persona episodi di ordinaria discriminazione che molti non vedenti vivono sulla propria pelle. L'appuntamento è fissato per le 16.00 presso la sede provinciale dell'Unione Ciechi Italiana in via Mentana. Insieme a noi c'è anche un referente dell'U.C.I. che, con discrezione, documenta quello che, purtroppo, subiscono quotidianamente molti non vedenti. Decidiamo di andare verso la stazione Termini. Lungo il tragitto da via Mentana a via Marsala incontriamo numerosi ristoranti dove proviamo a prenotare per la cena. «Un tavolo per due per questa sera, c'è anche il cane guida». La signora al di là del bancone fa finta di guardare lo schermo e dopo poco alza le spalle e risponde: «Mi dispiace ma siamo al completo». Un modo elegante per dire che il cane non è gradito perché, provando a contattare telefonicamente il ristorante e richiedendo una prenotazione per due senza animali, il tavolo, per magia, salta fuori. Un primo rifiuto non ci scoraggia, tentiamo una seconda volta, con un'osteria poco lontana dalla stazione. «Voi potete entrare, ma il cane no!», il titolare ci ferma sull'uscio e a nulla serve spiegare che non è un animale da compagnia ma è una guida. «Non m'interessa, qui gli animali non entrano - risponde con tono perentorio -. Ma stiamo scherzando? Non posso perdere i clienti che, giustamente aggiungo, non vogliono mangiare con cani che perdono peli, non è igienico». Va male anche il secondo tentativo. Così anche il terzo e il quarto. «Non è una novità - dice Ada -. Ogni volta che decido di andare a cena o pranzo fuori ho quei quattro posti dove vado a colpo sicuro, evito di provare nuovi ristoranti perché quasi sempre mi rifiutano. È mortificante non essere accettati». Effettivamente quello che Ada afferma non si fatica a riscontrarlo nella realtà. Nessun ristorante, fra quelli da noi contattati in zona Termini e centro, ha un posticino per un cieco con il suo cane guida. Quindi mangiare fuori è un lusso che i ciechi con animale non si possono permettere. Come anche prenotare una stanza in un albergo. C'è chi dice chiaramente che «Le disposizioni interne vietano espressamente l'ingresso di animali in stanza», chi invece ci chiede di parlare direttamente con la direzione perché «Non gestisco questo genere di prenotazioni» o chi, per scoraggiarci, ha solo business class libera «400 Euro a notte». «Voi vi scandalizzate - dice rammaricata Ada - ma per molti di noi è la normalità. È vergognoso, per una capitale come Roma, assistere a tutta questa intolleranza. Noi ciechi dunque dovremmo essere rassegnati ad una vita di perenni impedimenti? Perché non ci può essere consentito di andare in un ristorante o in albergo? Il nostro cane non è un animale come gli altri, è parte di noi, rifiutando lui, si rifiuta il cieco». Eh già. È bastato un pomeriggio in giro con Ada e Jonny per verificare quanto la vita di un disabile sia resa ancor più difficile dall'ignoranza della gente. Ciò che può sembrare semplice per tutti noi, come mangiare una pizza fuori o fare un week end fuori porta, non lo è per loro. Come d'altronde prendere un taxi. Già. Perché sono davvero pochi i tassisti che accettano di caricare il cieco. Quello che accade alla fermata dei taxi di via Marsala lascia l'amaro in bocca. I taxi ignorano Ada e Jonny, nell'indifferenza generale, anche dei passanti. Solo dopo il nostro intervento la situazione migliora. Ovviamente non si deve fare di tutta un'erba un fascio e, per fortuna, si incontrano persone che rispettano la legge. Accade alla stazione dei taxi di piazza Indipendenza dove si fa a gara per far salire a bordo Jonny.

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