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Referendum costituzionale, il centrodestra prepara un nuovo partito

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I parlamentari di Idea di Quagliariello lavorano al progetto guardando a Stefano Parisi. I Comitati per il no serviranno a raccogliere iscritti

Paolo Zappitelli
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Sfruttare la mobilitazione per il referendum per far nascere un nuovo partito di centrodestra. Un soggetto che sia il più trasversale possibile, che includa magari anche Stefano Parisi a Milano e che poi possa federare tutte le diverse anime della coalizione. Tra i parlamentari alla Camera se ne discute già da qualche settimana anche se, per il momento, gli sforzi sono tutti concentrati sulla creazione dei Comitati per il no contro la riforma costituzionale targata Renzi. Ma quei circoli, che assomigliano un po' alle vecchie «cellule» dei partiti, dovrebbero diventare il motore del nuovo partito. In grado di nascere, almeno nelle previsioni, già prima del 4 dicembre, data della consultazione. Magari a metà novembre. Al progetto stanno lavorando gli esponenti del gruppo di «Idea» con Gaetano Quagliariello e altri parlamentari romani, da Vincenzo Piso ad Andrea Augello. Ma l'obiettivo è quello di allargare il campo più possibile, magari aggregando anche esponenti di Noi con Salvini. E qualche deluso di Forza Italia, arrivando magari fino a coinvolgere il movimento di Stefano Parisi a Milano. Con uno scopo: cercare di unire le varie anime del centrodestra in vista delle prossime elezioni del 2018. «Nessuno crede che Renzi si dimetta anche se perde il referendum – confida un parlamentare – E alla fine è un bene anche per noi perché non siamo pronti a votare la prossima primavera. Meglio andare alla scadenza naturale della legislatura». Magari anche con un Renzi «fiaccato» da una sconfitta e costretto a un governo di larghe intese imposto dal Quirinale. I tempi non sono comunque eccessivamente lunghi, alla fine per la campagna elettorale manca poco più di un anno. Ed è per questo che si sta cercando di accelerare sfruttando il «traino» del referendum. Il leader della Lega Matteo Salvini, durante un dibattito alla trasmissione «Otto e mezzo» su La7 ha lanciato un appello proprio all'ex Cavaliere: «Vedo per il sì mobilitati grandi industriali, grandi banchieri, banche americane e anche qualcuno delle aziende di Berlusconi. Spero che inizi anche lui presto la campagna elettorale per il no». L'allusione è all'intervista di Fedele Confalonieri sul «Corriere della Sera» nella quale il presidente di Mediaset ha fatto capire il suo orientamento sulla consultazione: «Quando in Italia c'era la Dc sembrava che nessuno la votasse. Infatti nei sondaggi era data sempre bassissima. Poi si aprivano le urne e... Magari mi sbaglio, ma penso che sul referendum oggi faccia fino dire "io voto no"». Parole che non sono piaciute affatto dentro Forza Italia. Gelido Renato Brunetta, vero pasdaran del «no»: «Io non commento i non politici – ha risposto all'agenzia AdnKronos – Io commento, quando lo meritano, gli esponenti politici». Anche il capogruppo al Senato Paolo Romani prende le distanze: «Un conto è l'azienda, un conto è la politica. Ma al suo ritorno dagli Usa il presidente Berlusconi prenderà una chiara posizione a favore del "no" e mi auguro che quel 50% di elettori di FI ancora incerti, come indicato dai sondaggi, seguano le indicazioni del nostro presidente». Più cauto il governatore della Liguria Giovanni Toti, che «giustifica» il presidente di Mediaset per il ruolo che ricopre: «Confalonieri è uomo di azienda e di Confindustria. È ben noto che propenda per la stabilità». E come «tutti gli uomini di impresa tendono a evitare le variabili e le incognite che possono interferire con il business». La sua linea, però, assicura Toti, «diverge» da quella di Berlusconi: «Il nostro presidente la pensa diversamente su questa riforma, che considera fatta male e dannosa per il Paese».

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