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Dirigenti pubblici in rivolta, i "mandarini" scendono in piazza contro la Madia

AMA, IN CAMPIDOGLIO PROTESTA OPERATORI E SINDACATI: PRONTI A SCIOPERO - FOTO 4

Filippo Caleri
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Gli alti dirigenti dello Stato lasciano le scrivanie dei ministeri e, per la prima volta nella loro storia, scendono in piazza contro la riforma che la ministra Madia sta portando a compimento. E che, secondo loro, lede i diritti soggettivi. Nonostante la moral suasion sul Parlamento e sul governo che ha prodotto aperture da parte della maggioranza per una correzione del testo che contiene le nuove norme, i dirigenti hanno comunque deciso di dare un segnale forte all'esecutivo. Così ieri hanno indetto uno sciopero nazionale di 5 ore il prossimo 24 ottobre. Quel giorno saranno a Roma per una manifestazione di piazza. La pressione insomma sta montando e la proclamazione della protesta rappresenta un'ulteriore arma da mettere sul piatto della contrattazione con la ministra della Funzione Pubblica Marianna Madia. Con la quale il dialogo resta aperto. Già domani, infatti, il Comitato dei dirigenti pubblici per la difesa degli articoli 97 e 98 della Costituzione (che ha aderito allo sciopero e invitato tutte le organizzazioni a restare unite) incontrerà, insieme ad altri rappresentanti sindacali, la Madia nel suo dicastero. L'appuntamento è alle 17 e in quella sede gli alti burocrati sono pronti a offrire la loro collaborazione per modificare il provvedimento. In particolare la proposta sarebbe quella di spostare l'attuale riforma (contestata perché considerata troppo punitiva) nell'attuazione della delega, già prevista, per l'elaborazione del nuovo Testo unico del Pubblico Impiego. «Speriamo che l'iniziativa di astensione dal lavoro sia un'arma per convincere la Madia e il Governo a una riflessione complessiva e condivisa sulla necessità di stoppare la riforma così come è oggi». La proclamazione dello sciopero è arrivata ieri dopo l'assemblea generale del sindacato di categoria Unadis (Unione nazionale dei dirigenti dello Stato). Un'iniziativa forte per ribadire il no alla riforma della dirigenza siglata Madia, dietro la quale - per l'organizzazione sindacale - ci sarebbe «l'idea di annichilire, asservire, sottomettere la dirigenza pubblica». L'Unadis rappresenta, in particolare, i dirigenti dei ministeri, della presidenza del Consiglio, delle Agenzie fiscali e i segretari comunali. Una parte consistente, dunque, dell'esercito dei manager pubblici che in Italia, oggi, sono circa 30 mila. «Siamo stati fermi fino a questo punto cercando di dialogare con il governo. Ma non ci sentiamo abbastanza ascoltati. Dobbiamo dare un segnale, forte e chiaro. C'è bisogno di una presa di posizione, di una protesta vigorosa per lamentarci. La riforma non riguarda solo la dirigenza ma piano piano investirà altri settori pubblici. In pratica stiamo assistendo a un meccanismo di erosione dello spazio dell'intervento pubblico» così ha affermato in una nota il segretario generale Unadis, Barbara Casagrande. «Abbiamo intenzione di difenderci» ha aggiunto la numero dirigente motivando così la protesta del 24 ottobre. L'astensione però sarà solo una parte della strategia. Unadis, infatti, ha già deciso di costituire un «osservatorio di legalità per la dirigenza e un monitoraggio costante del conferimento di tutti gli incarichi dirigenziali, evidenziando fenomeni di corruzione al pari delle procedure di appalto pubblico». Non solo. La Casagrande ha spiegato ancora che utilizzando il Foia (che consente la trasparenza e l'accesso agli atti amministrativi dello Stato) «vogliamo accertare direttamente dove si annidano i veri costi dello Stato: non sarà forse il costo della consulenza e dei servizi esternalizzati che, ricordiamo, non sono vincitori di pubblico concorso? Dopo anni di blocco del turnover non siamo noi il vero costo dello Stato. Noi siamo la risorsa, dopo dieci anni di spending review ci siamo e non possiamo continuare a subire». Poi l'appello finale: «Cara Madia, noi ci siamo: siamo il motore dello Stato, siamo da anni in campo per la garanzia. Il ministro della Funzione pubblica avrebbe dovuto ascoltarci: siamo delusi e amareggiati». Per questo il 24 ottobre incroceranno le braccia.

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