Operatore Ama morto per coronavirus, ecco le lacrime di moglie e colleghi
Applausi, commozione e rabbia, questa mattina a Rocca Cencia, lo stabilimento Ama dove lavorava Alberto, 62 anni, morto a causa del coronavirus. E' la seconda vittima che piange l'azienda capitolina, in prima linea sulla raccolta dei rifiuti, la sanificazione delle strade, e costretta a fare i conti con l'incredibile incertezza delle regole da applicare per garantire la protezione degli operatori. Per approfondire leggi anche: Coronavirus, Campidoglio chiuso al pubblico Un allarme che i sindacati non hanno mai smesso di suonare, fino alla minaccia dello sciopero poi revocato per non creare emergenza nell'emergenza. "La salute e la dignità valgono molto di più dei messaggi di cordoglio della sindaca e dei vertici dell'Ama - commenta Alessandro Bonfigli, coordinatore regionale Uiltrasporti - non tolleriamo più altro tempo lasciato alla casualità o alla fortuna, il comitato tecnico ancora non si riunisce da oltre una settimana, non ci sono stati forniti in modo anonimo i dati di tutti i positivi presenti nei quartieri romani (quartiere per quartiere) siamo sembrerebbe a circa 1800 persone contaminate e i lavoratori dell'Ama non sanno nulla; siamo ancora con le docce che non solo sono state riaperte in pochissimi posti di lavoro ma la cosa ancora più grave è che non sono sanificate e arieggiate ad ogni operazione di lavaggio personale del lavoratore ed in ogni turno, così come recitano i pareri scientifici del medico competente e del responsabile servizio prevenzione e protezione e ancora si distribuiscono mascherine chirurgiche i cui lacci in moltissimi casi vengono fissati con le grappette dai preposti perché di facile rottura, piuttosto che fornire le mascherine ffp3 senza valvola, si continua a risparmiare su chi raccoglie i rifiuti da terra, ammassati e abbandonati e senza conoscerne la provenienza. Basta con queste misure di prevenzione al risparmio, basta con il gioco alla roulette russa con i lavoratori".