odissea quotidiana

Coronavirus e posti di blocco. Perché a Roma andare a lavoro è una gimkana

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Franco Bechis

Due posti di blocco sul lungo Tevere nel giro di duecento metri. Bisogna avere una pila di moduli precompilati, perché i posti di blocco sono uno vicino all'altro e non c'è verso di sfuggire a nessuno, perché sono più organizzati del check point Charlie.  Per approfondire leggi anche: Posti di blocco sulle principali strade di Roma Il primo che mi ferma però è composto da vigili urbani. Gentilissimi, controllano documento e ritirano modulo dopo avere messo davanti a loro data e firma. Un vigile invita: "mi faccia una foto con il modulo in mano, è un atto di cortesia che facciamo così che se la fermano ancora può fare vedere quella senza compilare un altro modulo". Bella idea. E quello più che un vigile è stato un profeta: 2-300 metri dopo altro blocco sempre sul lungo Tevere. Ahimè, però erano poliziotti e a loro quella storia della foto non tornava: non si poteva accettare. Quindi modulo (per fortuna in tasca un secondo), controlli e pure un po' di curiosità: "Lei chi è? Dove vuole andare?". Una gimkana andare al lavoro...