DEGRADO CAPITALE
Nei giardini di Val Melaina. A spasso nella terra di nessuno
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Dall’alto, si sa, non si vedono le brutture del mondo. Per questo stesso principio prospettico, guardando dalla sommità del parcheggio della stazione Jonio della metro B1, i giardini della piazzetta incastonata tra via di Val Melaina e via Scarpanto sembrano perfetti: una piccola oasi tra i palazzi di edilizia popolare del quartiere Tufello. Niente di più lontano dalla realtà. Basta passeggiare per i vialetti per rendersi conto del degrado di un’area pensata per far giocare i bambini e dare ristoro agli anziani. Per terra c’è un tappeto di bottiglie di birra vuote, cartoni, stracci, vetri, sacchetti, scarti di cibo, rifiuti di ogni genere. Nelle aiuole si possono trovare anche pezzi di modernariato, come cd-rom e un ferro da stiro modello vaporella. I pochi cestini presenti sono stracolmi: nessuno li svuota e nessuno pulisce. Gli operatori dell’Ama girano attorno al perimetro della piazza, ma all’interno dell’area non tolgono nemmeno una carta. La pulizia, infatti, spetterebbe da contratto alla società privata che ha realizzato i box sotterranei per i residenti. Si tratta della stessa società che ha finanziato nel 2000 la riqualificazione del sito dove - dagli anni ’50 - venivano allestiti i banchi del vecchio mercato ortofrutticolo di Val Melaina, trasferito nella più ampia struttura coperta di via Giovanni Conti. «Per il Comune questo è ancora un cantiere aperto - spiega il cassiere del panificio Chicco di grano, che affaccia sulla piazza - Abbiamo scritto decine di volte al sindaco per chiedere di intervenire, ma nessuno ci ha risposto. Vengono una volta l’anno per pulire in occasione della commemorazione delle vittime di via Ventotene, poi spariscono di nuovo. Una decina di giorni fa un operatore dell’Ama, a suo buon cuore ha tolto le bottiglie per terra, ma è stato rimproverato dai suoi superiori, perché la pulizia dell’area spetta ai proprietari dei box, che se ne fregano. Il risultato finale è l’immondizia sotto gli occhi di tutti. Si trovano feci di cani e di persone. Ormai è diventato un orinatoio a cielo aperto». Di giorno le mamme, dopo aver preso i loro bimbi dal vicino asilo nido, si tengono alla larga dai giardinetti; visto che le altalene sono rotte e vicino alle giostrine c’è un tappeto di vetri. Niente di più pericoloso. «Non posso più portare mia figlia qui - racconta una signora che ha paura persino a rivelare il suo nome - Sono malvista perché ogni giorno mi prendo la briga di portare delle cassette per raccogliere le bottiglie. Una volta ho visto anche una siringa per terra». Anche gli anziani non sanno dove sedersi: l’immondizia è ovunque. Per non sporcarsi sono costretti a portarsi da casa dei cartoni che appoggiano sulle panchine. «Se ci fossero dei cestini non ci sarebbe questo degrado. E poi servirebbe un po’ di civiltà», fa notare Paolo, un anziano signore che cammina disorientato alla ricerca di un sedile pulito, appoggiandosi alle stampelle perché ha appena fatto un intervento all’anca dopo essere caduto dal suo trattore. «E' una cloaca - si sfoga Salvatore, che dalla vetrina della pasticceria Val Melaina assiste ogni giorno a questo triste spettacolo, mentre prepara i caffé - Gli zingari si accampano qui: mangiano, dormono e si lavano alla fontanella. E poi ci sono i frequentatori della sala giochi a fianco che bevono birra a tutte le ore del giorno e della notte». Con il buio, poi, attraversare i giardinetti diventa pericoloso per chi esce dalla stazione della metro Jonio. Sbandati e ubriachi spesso, infatti, molestano i passanti e innescano delle risse. E pensare che ad agosto dei giovani volontari si erano armati di ramazza e avevano pulito la piazzetta da cima a fondo. Dopo pochi giorni era punto e daccapo. Un esempio perfetto di «littering»: un termine inglese che indica il malcostume dei cittadini di abbandonare rifiuti nelle aree pubbliche, invece che gettarli negli appositi cassonetti. Il degrado chiama degrado. «Tanto è già sporco», è la frase con la quale ci si lava la coscienza, peggiorando la situazione, invece che cercare di contribuire a migliorarla.