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La vittima al centro: le storie di violenze e il nuovo ruolo della polizia

La storia di Tiziana, vittima di violenza di branco, il femminicidio di Sara, l'omicidio stradale di Lorenzo, la persecuzione con violenze inaudite di un minore, la strage a Verona dell'autobus ungherese sono soltanto alcuni dei racconti di vicende realmente accadute dai quali ha preso spunto il convegno dal titolo “La vittima al centro” organizzato a Roma, presso la Scuola Superiore di Polizia, che si è svolto alla presenza del Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Prefetto Franco Gabrielli e dei Prefetti Roberto Sgalla e Vittorio Rizzi, rispettivamente direttori delle Specialità e del settore anticrimine della Polizia di Stato. L'idea è stata quella di valorizzare un radicale cambiamento di prospettiva per la centralità del ruolo della vittima nell'attività quotidiana della Polizia di Stato, non solo in quella tipica di soccorso pubblico ma anche in quella di contrasto al crimine. Di una Polizia attenta non solo ai colpevoli ma anche alle vittime dei reati, consapevole delle loro esigenze perché il primo intervento e la fase successiva delle indagini, non provochino una vittimizzazione secondaria con esperienze che amplifichino la sofferenza già patita. Cambiamento culturale che anticipa e si adegua ad un quadro normativo in evoluzione, con l'attuazione anche nel nostro Paese della direttiva europea 2012/29/UE ad opera del decreto legislativo 212/2015, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, iniziando a superare l'originaria impostazione del codice di procedura penale tutta orientata sull'imputato e sulle garanzie ad esso assicurate, senza considerare la persona offesa a cui veniva riconosciuto esclusivamente “diritto al risarcimento”. Il diritto della vittima ad essere informata e coinvolta nei vari step del procedimento penale, a prescindere dalla costituzione di parte civile, è invece fondamentale per evitarne emarginazione ed isolamento, così come l'ottenere giustizia rappresenta uno snodo essenziale nel processo di elaborazione del trauma o del lutto. In questo scenario, il convegno, attraverso quattro tavole rotonde, ha affrontato il tema delle reazioni e dei bisogni delle vittime, nei loro tratti comuni e nelle rispettive differenze, attraverso la narrazione di storie che consentono una riflessione sulle luci ed ombre di esperienze già vissute affinché possano costituire elemento di apprendimento. Si è partito dal ruolo centrale della vittime nelle indagini per arrivare ad un giudizio quanto più equo nei confronti del colpevole; si è proseguito con l'illustrazione delle linee guida del Progetto Chirone, che hanno consolidato una formazione specifica dei poliziotti della Stradale e della Ferroviaria sull'approccio alle vittime di incidenti stradali e ferroviari e ai loro familiari, dalla comunicazione del lutto alle fasi successive dell'identificazione del cadavere, della consegna degli oggetti personali, delle pratiche assicurative e così via. Un funzionario della Polizia del South Yorkshire del Regno Unito, con più di 70 casi di omicidi seguiti nella sua carriera, ha infine illustrato la figura del family liason officer, figura di riferimento nel mondo anglosassone per le famiglie in tutti i casi di morte violenta (siano omicidi, incidenti stradali o stragi). L'approccio alle fasce deboli è stato l'argomento della terza tavola rotonda con tutte le problematiche connesse alla vulnerabilità dei minori e delle donne ed al fatto che siano spesso legati da rapporti affettivi con i loro persecutori. Il convegno si è concluso con il tema della gestione dei migranti irregolari, di quelli che arrivano sulle nostre coste esclusivamente per motivi economici e devono essere respinti, a chi scappa da Paesi in guerra, a chi infine è vittima di tratta e di riduzione in schiavitù.

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