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L'internet dei sensi

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Uno studio del colosso delle reti Ericsson definisce le tendenze del decennio alle porte. Trasmettere gusto, tatto e olfatto: l'hi-tech che verrà

Davide Di Santo
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Mentre ci chiediamo cosa resterà di questi anni '10 i grandi operatori tecnologici sono al lavoro per prevedere e indirizzare le tendenze del prossimo decennio. Il nono report «Hot Consumer Trends» di Ericsson va in questa direzione. Il colosso svedese delle reti ha chiesto a un campione di consumatori tecnologicamente avanzati che vivono in 15 tra le più grandi città del mondo di immaginare il nostro futuro digitale. Il risultato dell'analisi, in equilibrio tra aspettative e desideri, è una progressiva sovrapposizione di realtà concreta e virtuale dove il concetto di privacy è superato mentre i dispositivi sono guidati dalla mente. Secondo il 59% degli intervistati, infatti, basterà pensare a una destinazione per poter vedere la mappa sui visori per la realtà virtuale. Circa la metà del campione ritiene che si troverà il modo per tradurre a livello digitale non solo vista e udito, ma anche gli altri sensi. Uno scenario che prevede assaggi di cibo virtuali, shopping tattile e vacanze in mondi creati al computer. Se per olfatto e gusto siamo ancora agli albori della ricerca, schermi che comunicano anche attraverso esperienze tattili sono già realtà. La frontiera è quella della merged reality, dove i piani del reale e della rappresentazione digitale sono fusi. Il 70% degli intervistati prevede infatti che entro il 2030 le «esperienze di gaming in Realtà Virtuale saranno indistinguibili dalla realtà fisica». Ma se realtà e rappresentazione sono identiche, come fare a distinguerle? Per il 50% del campione la tecnologia sarà in grado di individuare le fake news ma il prezzo da pagare sarà un superamento del concetto di riservatezza perché solo l'identificazione certa dell'individuo può dare la sicurezza della paternità di quello che comunica. Un mondo «post-privacy» dove ogni servizio è digitalizzato e il cittadino, lo chiede il 56% degli intervistati, avrà bisogno di «cappe di invisibilità», come i tessuti rifrangenti studiati dalla ricerca militare, per non lasciare tracce digitali.

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