Nuove accuse a Facebook: ha ceduto dati personali ai produttori di smartphone
Inchiesta del Nyt: tra le informazioni sensibili anche relazioni, religione e politica. La compagnia di Zuckerberg nega
Dieci anni fa, nello sforzo di essere utilizzabile su qualsiasi dispositivo, quando ancora non era diffusa la sua app mobile, Facebook aveva stretto degli accordi con 60 produttori di smartphone - tra cui Apple, BlackBerry, Samsung, Microsoft - per rendere disponibili le proprie funzioni ai loro utenti; tuttavia così facendo avrebbe permesso a queste stesse aziende di accedere ai dati dei suoi iscritti, inclusi i dati dei loro amici, senza autorizzazione esplicita. E tutto questo sarebbe andato avanti anche dopo il 2015 - quando Facebook diede una stretta alle app di servizi terzi limitando la possibilità di raccogliere informazioni sugli amici degli utenti - fino ai nostri giorni. A riferire questa vicenda è una inchiesta del New York Times, secondo la quale molte di queste partnership coi costruttori di dispositivi sarebbero ancora in corso, anche se a partire dallo scorso aprile il social network avrebbe iniziato a terminarne alcune. "I dirigenti di Facebook - scrive il quotidiano americano - hanno detto che il tipo di accesso sfruttato da Cambridge Analytica nel 2014 sarebbe stato chiuso entro l'anno successivo, quando la società proibì agli sviluppatori (di app, ndr) di raccogliere informazioni sugli amici degli utenti. Ma non aveva rivelato di aver esentato i produttori di smartphone, tablet e altri dispositivi da tali restrizioni". Secondo il vice presidente di Facebook, Ime Archibong, intervistato dal New York Times, quelle partnership funzionerebbero in modo diverso dalle app usate dagli sviluppatori, poiché i partner che realizzano smartphone possono usare i dati solo per fornire le loro versioni "dell'esperienza Facebook" agli utenti. Tuttavia, secondo il quotidiano, alcuni di questi partner sarebbero in grado di estrarre informazioni come lo stato sentimentale dell'utente, la religione, affiliazioni politiche ed eventi cui voglia partecipare. E potrebbero ottenere anche dati sui suoi amici, anche su quelli che avevano negato il permesso di condividere informazioni con terze parti. Facebook ha risposto alle accuse del giornale statunitense anche in un successivo comunicato online, intitolato "Perché non siamo d'accordo col New York Times", negando che queste partnership fossero un problema per la privacy degli utenti. Il social network spiega che questi accordi sarebbero nati quando ancora non era diffusa la app mobile sui vari dispositivi, e sarebbero serviti solo a riprodurre le funzioni di Facebook - dalla messaggistica al bottone Mi Piace - sulle diverse piattaforme software. "Questi partner hanno firmato degli accordi che impedivano l'uso di tali informazioni sugli utenti per qualsiasi altro scopo che non fosse ricreare l'esperienza Facebook", scrive il social network. "I partner non potevano integrare le funzioni Facebook di un utente con i loro dispositivi senza il permesso da parte dello stesso. I nostri team dedicati approvavano l'esperienza Facebook sviluppata da queste aziende. Diversamente da quanto sostenuto dal New York Times, le informazioni degli amici, come le foto, erano solo accessibili sui dispositivi quando gli utenti decidevano di condividere i loro dati con quegli amici. Non siamo a conoscenza di abusi da parte di queste aziende". Facebook ha poi detto di aver chiuso già 22 di tali partnership e di stare lavorando per fornire modi alternativi per usare il suo servizio. Dopo lo scandalo Cambridge Analytica, il social network è sempre più nel mirino di varie autorità e Stati. La stessa Commissione federale per il commercio Usa (FTC) sta indagando per capire se l'azienda abbia o meno violato un precedente accordo sulla privacy degli utenti. Ma anche l'Unione europea, che ha da poco ascoltato il Ceo Mark Zuckerberg in un incontro coi suoi parlamentari, è sul piede di guerra, specie ora che è pienamente effettivo il nuovo Regolamento europeo sulla privacy (GDPR). Facebook, che si è scusata ampiamente per l'abuso dei dati di suoi utenti, e ha cercato di porvi dei rimedi limitando l'accesso agli stessi da parte di app e altre aziende, resta evidentemente un osservato speciale. E lo scandalo sui dati non sembra ancora essere finito.