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Quinto quarto, la bellezza di Roma

Valentina Conti
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Il re della cucina popolare è al passo coi tempi, rivisitato e coniugato ad arte. Parliamo del «quinto quarto»: una volta erano gli scarti, alias le frattaglie, ora sono prelibatezze. «Quinto quarto» perché costituisce tutto ciò che non rientra nei quattro tagli principali (anteriori e posteriori) dell'animale. In un certo senso, anche il quarto nascosto, perché composto in gran parte dagli organi interni. Stomaco, trippa, testa, coda, lingua, guance e via discorrendo, tutte parti che a molti fanno a dir poco impressione, pure difficili da cucinare. Quelle che fanno brillare di sano gusto la cucina capitolina. Per secoli, il quinto quarto ha rappresentato la fonte di proteine nobili per le classi meno agiate. La Capitale ha fatto storia, e oggi anche alcuni dei piatti più caratteristici delle cucine regionali italiane provenienti dalla tradizione popolare a base di frattaglie stanno vivendo un'autentica rinascita. Le ricette migliori? A tutti viene in mente, in prima battuta, la celebre coda alla vaccinara, classico della cucina laziale, da mangiare rigorosamente con le mani. Accanto alla trippa alla romana e, tra i primi, gli evergreen rigatoni con la pajata (l'intestino tenue del vitello da latte non privato del chimo, cremoso e invitante quanto basta). Tra Testaccio e Trastevere, in quel dell'Urbe, si concentra il meglio dell'elemento gastronomico «made in Rome» di assoluta tipicità, la «bassa macelleria» riabilitata nel tempo. Del resto, la cucina del quinto quarto, costola fondamentale della gastronomia romanesca anti-spreco, nasce proprio all'ombra del mattatoio di Testaccio dove, verso la fine dell'Ottocento, erano i cosiddetti «vaccinari» o «scortichini» quelli che avevano il compito di scuoiare i bovini. Operai che venivano pagati in natura e non in moneta, ossia col «quinto quarto», magro compenso per il loro duro lavoro. E le donne di casa e le cuoche delle osterie e delle taverne usavano questi ingredienti apparentemente poco appetibili per creare ricette succulente. Oggi si propongono nuove versioni degli antichi piatti, alleggeriti con ingredienti meno tradizionali, ma che si sposano parecchio bene con le ricette. Non è dunque raro assaporare piatti più «moderni» come la trippa con zucchine e piselli o in bianco quasi cruda con limone e menta, oppure la milza all'erba cipollina. Si va pure oltre in molte parti d'Italia. Col cuore e il polmone di vitello, Anneliese Kompatscher, autrice de «La cucina nelle Dolomiti», ci racconta di un secondo piatto ricco di gusto e aromi di montagna. Alla carne si accompagnano sedano rapa, bacche di ginepro, aceto e limone per togliere i sapori più forti, burro, timo, alloro e pepe. Anche il pesce, infine, ha il quinto quarto. Dal fegato al cuore, dalla trippa alla guancia: le frattaglie di tonni, merluzzi etc. rappresentano, di fatto, delizie da riscoprire per una inedita cucina di mare. Come si usano in cucina? Il fegato della rana pescatrice, ad esempio, può essere consumato dopo una semplice scottata in padella. Il cuore di tonno – al pari di quello di alcuni altri pesci - viene lasciato sotto sale per una ventina di giorni come fosse una specie di affettato di mare, condito solo con il limone. Et voilà.

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