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Largo alle Brut Ipa, le "birre-champagne": guida ai nuovi trend della birra artigianale

Le tendenze emergono da “Birra dell'Anno”, il concorso promosso da Unionbirrai che premia la migliore birra artigianale d'Italia, in programma a Rimini il prossimo 16 febbraio

Silvia Sfregola
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Il 2019 della birra artigianale vede affermarsi una nuova tendenza che arriva dalla West Coast americana ma guarda alle bollicine della Francia e dell'Italia. Sono le Brut IPA, produzioni brassicole caratterizzate da una luppolatura decisa, da una spiccata secchezza e da un aspetto limpido, al punto da ricordare la bevibilità dello champagne e dello spumante tanto da poter essere abbinate addirittura con le ostriche, in degustazioni che giocano sul filo dell'amaro. Ma sono perfette per accompagnare cibi grassi come salumi, formaggi erborinati, carni alla griglia e, più in generale, piatti con un alto grado di sapidità. Queste birre, dalla gradazione alcolica medio-elevata, vengono realizzate con luppoli che regalano sentori di uva bianca e frutta a polpa gialla, restituendo il bouquet di uno spumante. Di difficile realizzazione, per la necessità di equilibrare la secchezza con gli aromi della luppolatura, onde evitare un amaro troppo astringente, sono un vero e proprio banco di prova per i mastri birrai italiani. Questo nuovo trend emerge da “Birra dell'Anno”, il concorso birrario promosso dall'associazione di categoria Unionbirrai, che il prossimo 16 febbraio a Rimini incoronerà il miglior birrificio d'Italia. Il premio, giunto alla sua 14esima edizione, offre anche uno spaccato sulle ultime creazioni dei mastri birrai nostrani. Se all'estero domina l'esagerazione a tutti i costi – dalle birre con marshmallows a quelle fluorescenti o glitterate - le 1994 birre presentate al concorso da 327 produttori confermano che in Italia resta il primato delle American Pale Ale (APA) e India Pale Ale (IPA) in tutte le loro declinazioni. Che siano d'ispirazione anglosassone o americana, leggere come le Session IPA o dalla gradazione alcolica importante e con l'aggiunta di aromi intensi come le Imperial IPA, chiare e fruttate come le White IPA, o scure con sentori di caffè e pane tostato come le Black IPA, le birre luppolate sono ancora la passione di produttori e consumatori.  Restano protagoniste, inoltre, le birre con ingredienti a km 0 - cereali, miele, castagne e tanta frutta del territorio di appartenenza dei birrifici – e quelle “invecchiate” nelle botti in legno (Barley Wine). Spazio anche al primo stile autoctono italiano, le IGA (Italian Grape Ale), che prevedono l'aggiunta di vino, mosto o uva nel processo di lavorazione. Suddivise in red e white Grape Ale, a seconda dell'uva utilizzata, sono ormai un must del nostro panorama birrario sempre più apprezzato (e imitato) anche all'estero. Secondo Unionbirrai il 2019 vedrà anche un ritorno alle basse fermentazioni, con una crescente attenzione per le lager, dalle Pils alle Bock. Ancora in fase embrionale, ma già capaci di riscuotere interesse, sono le birre con cannabis, una sperimentazione nata in California e cresciuta anche in Sudamerica, che sfrutta la comunanza degli aromi della canapa (in Italia si utilizza quella con livello di Thc consentito dalla legge) mixata ad alcune varietà di luppolo per moltiplicarne l'aroma “dank”. La tendenza “pastry”, che si è affermata oltreoceano e ha fatto capolino nei Paesi scandinavi, in Italia è invece ancora limitata a una nicchia di appassionati: si tratta di birre più dolci, lavorate aggiungendo vaniglia, caffè, cacao o caramello.

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