FABIO CIERVO CHEF DELLA TERRAZZA DELL'HOTEL EDEN

"Arte e benessere, così i miei piatti diventano gourmet"

Paolo Zappitelli

Piatti gourmet ma pensati anche per il benessere del cliente. Fabio Ciervo, chef stellato del ristorante sul roof garden dell’hotel Eden a Roma, con una vista mozzafiato sulla città, ha fatto di questo abbinamento la sua strada maestra. E vincente. «È un insegnamento che mi arriva dallo sport - racconta - Mi allenavo agli anelli, poi a un certo punto ho dovuto scegliere tra le gare e la cucina. E ho deciso di fare lo chef perché è sempre stata la mia passione». Piatti eccellenti ma con una attenzione particolare alla salute. Che altro c’è nella sua filosofia? «Tutta ruota attorno a cinque punti fondamentali: innovazione e benessere, che sono i primi due, e poi ingredienti, gusto e arte. Quando cucino devo innanzitutto capire quale tecnica usare, qual è quella che mi dà il risultato migliore. E visto che noi siamo quello che mangiamo, bisogna avere il massimo rispetto del nostro corpo, dei nostri ospiti. Poi ci sono gli ingredienti. Ma anche in questo caso non basta scegliere i migliori, devo anche sapere come utilizzarli. Faccio un esempio, l’olio extravergine di oliva. Posso usarne uno buonissimo ma se quando lo metto in padella lo faccio arrivare al punto di fumo ho fatto una cosa pericolosissima per la salute. Per questo bisogna sempre aggiornarsi, studiare, imparare. Non si finisce mai». E poi c’è l’arte. «Nel piatto voglio vedere qualcosa di bello, di unico. Deve esserci una cura estrema del dettaglio. Il fascino della cucina è proprio questo, che è una creazione infinita». Facciamo qualche esempio. Un piatto dove ha «scoperto» che gli ingredienti si abbinavano in forme nuove. «Io preparo una cacio e pepe usando la curcuma. Se unisco quest’ultima alla buccia del pepe nero aumento al massimo la disponibilità di questo ingrediente per il nostro organismo. Ma è una cosa che capisco solo se ho studiato. Quando preparo qualcosa devo capire come usarlo, perché usarlo, cosa mi può offrire. È una ricerca continua». Questa è la parte «tecnica». Poi immagino ci sia una parte di intuizione... «Sì certo. Quando voglio creare qualcosa di nuovo mi siedo a una scrivania che ho nella cucina e la mia brigata sa che non voglio essere disturbato. Così è nato il mio raviolo ripieno. Ero lì seduto e quando l’ho assaggiato è stata un’esplosione di sapore, mi è arrivata dritto al cervello. Mi sono detto "ma che cosa ho creato"? In quel momento ho coinvolto tutti i sensi. Cosa che faccio anche con la mia cacio e pepe al profumo di rosa. Prima di servirla in tavola porto al cliente una boule con un infuso di petali. In modo che la mente ricollega l’olfatto con il palato». La stagionalità degli ingredienti quanto è importante per lei? «È fondamentale. Io come chef ho anche il compito di "guidare" il cliente. E così torniamo al primo punto, al benessere. Alla fine del pranzo bisogna alzarsi leggeri, dobbiamo stare bene. E allo stesso tempo dobbiamo aver fatto un’esperienza unica, aver gustato qualcosa di inimitabile».