IL PIÙ IMITATO
Parmigiano
«A fissare con una fortissima lente d'ingrandimento la grana del parmigiano, essa si rivela non soltanto come un'immutabile folla di granuli associati nell'essere formaggio, ma addirittura come un panorama. È una foto aerea dell'Emilia presa da un'altezza pari a quella del Padreterno». Così lo scrittore Giovannino Guareschi descriveva il parmigiano reggiano, una delle eccellenze della tavola italiana. Purtroppo è anche il formaggio più imitato all’estero. Le sue contraffazioni lo scorso anno hanno raggiunto 300 milioni di chili. Una produzione che, secondo Coldiretti, supera quella dell’originale: tonnellate di Parmesan, Regianito, Parmesao, Parmezan circolano sul mercato internazionale a prezzi inferiori rispetto a quelli autentici. Gli effetti? Meno made in Italy (in controtendenza con il record registrato, ad esempio, dal Pecorino e dal Gorgonzola) e dannosissime vendite al ribasso. Quello originale, invece, è prodotto esclusivamente nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e parte delle province di Mantova e Bologna, tra pianure, colline e montagne racchiuse tra il Po e il Reno. E sulla sua «eccellenza» vigila il Consorzio di tutela che verifica ogni forma applicando il bollino a fuoco su quelle che hanno tutti i requisiti per la Dop. Dalle imperfette vengono asportati i contrassegni e la scritta a puntini. Proprio per farlo conoscere ed esaltare al massimo le sue qualità il Consorzio anche quest’anno ha organizzato sabato 30 settembre e domenica 1 ottobre «Caseifici Aperti»: 56 aziende aderenti al Consorzio accoglieranno i visitatori in tutto il territorio d'origine. Un vero e proprio viaggio tra visite guidate al caseificio e al magazzino di stagionatura, spacci aperti e degustazioni insieme ai casari. La lista delle aziende aderenti è sul sito del Consorzio e, grazie ad un sistema di geo-localizzazione è possibile trovare la struttura più vicina o più affine alle proprie esigenze. Le origini del Parmigiano Reggiano risalgono al Medioevo e vengono generalmente collocate attorno al XII secolo. Nei monasteri benedettini e cistercensi di Parma di Reggio Emilia comparvero i primi caselli e, grazie all’abbondanza di corsi d’acqua e di ampi pascoli, ben presto in questa zona circoscritta dell’Emilia si diffuse la produzione di un formaggio a pasta dura, ottenuto attraverso la lavorazione del latte in ampie caldaie. E ancora oggi il Parmigiano Reggiano si fa con gli stessi ingredienti di nove secoli fa, negli stessi luoghi e con gli stessi sapienti gesti rituali. Ma è soprattutto la materia prima il vero valore aggiunto del parmigiano: il latte viene tutto dalle stalle dei circa 3500 agricoltori della zona ed è poi trasformato nei 350 piccoli caseifici artigianali. Il risultato del loro lavoro è un formaggio che contiene solo il 30% di acqua e ben il 70% di sostanze nutritive, quindi ricchissimo di proteine, vitamine e minerali. E, valore in più, proprio per il metodo di produzione, privo di lattosio. Le forme di Parmigiano Reggiano vengono disposte in lunghe file e lasciate riposare su tavole di legno. In questo modo, la parte esterna del formaggio si asciuga formando una crosta naturale, senza trattamenti e totalmente edibile. La stagionatura minima è di 12 mesi ed è a quel punto che soltanto le forme idonee all’esame di selezione possono proseguire la stagionatura per 24 mesi e oltre.