Abbacchio
È il piatto della tradizione pasquale. Alla brace, arrosto o con le prime verdure di stagione, carciofi e zucchine
Al forno, arrosto con le patate, a scottadito, impanato e fritto, brodettato, con uova e formaggio. Sulla tavola di Pasqua, dal Nord al Sud, il piatto principe è sempre e soltanto l'agnello. O abbacchio, come viene chiamato in lingua romanesca. Un nome sulla cui origine non c'è grande certezza. Alcune ipotesi sostengono che il termine ci arrivi dal latino abecula o avecula, derivati dal latino ovis (pecora). Altri credono che provenga da baculum (vicino al bastone), che sta ad indicare la posizione dell'agnello da latte vicino al pastore, o ancora, che derivi dal verbo «abbacchiare», interpretazione di baculum come vicino al bastone cioè prossimo al macello. Dobbiamo però stare attenti al tipo di carne che compriamo perché da quello dipenderà il risultato finale. Quando parliamo di agnellino da latte – il classico abbacchio, appunto – dobbiamo sapere che è un animale nutrito esclusivamente con latte materno e che non ha più di dieci mesi. L'agnellone è invece l'animale adulto, mentre il castrato è quello che pesa più di 35 chili. Questi ultimi vengono entrambi nutriti con foraggio. L'età – e l'alimentazione – incidono sulla consistenza e sul sapore della carne: più l'animale è giovane e più sarà morbida e il gusto delicato. La particolarità dell'agnello, infatti, così come la capra o la pecora, è di avere un gusto particolarmente «forte». Che non a tutti può piacere. Per questo nella maggior parte delle preparazioni viene messo a marinare nel vino o nell'aceto per parecchie ore. In alcune ricette venete si arriva addirittura a lasciarlo riposare, immerso, per 48 ore. Importante è anche il taglio che si sceglie, partendo dal fatto che la carne di agnello è un'ottima fonte di proteine e ferro. Ed è anche particolarmente digeribile. A seconda della parte dell'animale che cuciniamo, ad esempio, varia la percentuale di grasso: la costoletta è molto magra (2,7%), mentre per le altre parti si può arrivare quasi al 9%. Per fare un confronto una bistecca di maiale contiene l'8% di grasso, una costata di bovino poco più del 6%, mentre un taglio pregiato come il filetto scende al 5%. Qualche grasso in più lo contiene invece la coratella, un «corollario» dell'agnello visto che si tratta di tutto quello che possiamo chiamare quinto quarto dell'animale: fegato, cuore, polmoni, interiora. Un piatto non per tutti i palati ma delizioso per chi lo sa apprezzare. Specialmente se viene cucinato con i carciofi, ortaggio di stagione e che accompagna da sempre le preparazioni pasquali. Ma le ricette per cucinare l'agnello sono tantissime, variano da regione a regione. Alcune però attraversano, per la loro semplicità e bontà, tutta l'Italia. Come ad esempio le costine – o costarelle o costolette – alla brace. Una preparazione non certo elaborata ma allo stesso tempo sfiziosa, che unisce il gusto a una bassa percentuale di grassi e, di conseguenza, di calorie. Altra preparazione comune a molte ricette è quella di farle fritte. Ma in questo caso nel piatto devono entrare di diritto anche altri cibi. Perché nel gran fritto all'italiana ci devono essere anche i carciofi, le zucchine – le prime che arrivano anche loro in questa stagione e non sono coltivate in serra – magari un po' di cervello e – se vogliamo «contaminarci» con la tradizione emiliana – anche con delle piccole palline di crema fritta. Alla fine, non resta che...leccarsi le dita.