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Elezioni 2018, chi non vota il centrodestra è complice

Di fronte a grillini e Pd non c'è altra scelta che Silvio & Company

Gian Marco Chiocci
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A volte tocca sacrificare lo slancio ideale in favore del realismo, e dunque facciamoci bastare quel che passa il convento. E il cenobio della politica in quel del Tempio di Adriano a Roma ci regala l'agognato appuntamento con i leader delle quattro forze del centrodestra riuniti per la prima volta intorno allo stesso tavolo. Un'iniziativa sofferta, arrivata dopo giorni di tormenti, tattiche reciproche, estenuanti indecisioni, trappole, ragionamenti nannimorettiani del tipo «vado o non vado?», «ma mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?». Alla fine ci sono andati tutti, ma nessuno si notava in particolar modo sotto le undici colonne nel teatro della politica al Campomarzio. A prendersi la scena è stata solo e soprattutto l'estetica. Vedere Berlusconi, Salvini, Meloni e Fitto seduti uno accanto all'altro, con l'aspirante governatore del Lazio Stefano Parisi felice per l'incoronazione pubblica, esplicita una comunione di intenti che fa bene all'elettore: “Vincere e vinceremo”, è stato detto. “Governeremo insieme” hanno aggiunto di prammatica nell'attesa del voto che verrà. L'appuntamento all'Adriano non ha scaldato i cuori ma ha sugellato un passaggio politico con accenni di burocrazia partitica, così che la prassi ha relegato nel baule dei ricordi le ben più emozionanti kermesse del Pdl o dei suoi antesignani, ovvero la Casa delle Libertà o l'archeologico Polo. Pazienza. Meglio comunque questo centrodestra problematico, spigoloso, diffidente ma vincente perché unito su questioni fondamentali (dalle tasse al contrasto all'immigrazione clandestina) che un Movimento 5 Stelle leader parolaio, incapace, schiavo dei formalismi, dalla sceneggiata dei ministri (virtuali) al caos delle restituzioni dei soldi. Meglio pure di un centrosinistra devastato e scollegato dalla realtà, arroccato sull'antifascismo, costretto al “tirare a campare” di Gentiloni, al cazzeggio di Renzi, all'europeismo ideologico della traditrice di Pannella o del multiculturalismo d'accatto di Boldrini e Grasso. A veder quei quattro là, sorridenti ad uso e consumo dei flash, capisci che nonostante tutto c'è zero alternativa a un centrodestra comunque in sintonia coi sentimenti diffusi nel Paese. Ci resta l'illusione. La speranza. Il desiderio di veder quel poker servito per la guida del Paese, anche se tutto lascia pensare che la data del 4 marzo farà da spartiacque fra la scontata ingovernabilità e l'implosione probabile della coalizione preelettorale. Se non va come ci auguriamo vada, si concretizzerà la possibilità dell'inciucio istituzionale, in un revival del Nazareno, con Forza Italia pronta a flirtare con il Pd e con un'ottantina di neoparlamentari pronti a tradire chi li ha votati o piazzati in lista. Oppure sarà il destino a decidere chi resterà in piedi, qualora Salvini dovesse superare di un voto Berlusconi o nel caso in cui Matteo pensasse a strizzare l'occhio al giovane Di Maio assettato di potere. Non resta che incrociare le dita e andare avanti nel miraggio che alla fine la politica prevalga. E primeggi anche Stefano Parisi, che ha fatto un gran lavoro ed è in netto recupero nei consensi nello sprint finale per la Regione Lazio. Anche lui, come dicevamo, è intervenuto al Tempio di Adriano, confermando di rappresentare l'intera coalizione. Per dare un senso a tutto questo, la via è solo una: far coincidere il voto nazionale con quello regionale. Per chiudere il sipario a Nicola Zingaretti e alla sua quinta colonna Sergio Pirozzi, che nella sua esperienza politica ha messo la maschera suggestiva del sentimentalismo spontaneo su una realtà molto più elaborata, cioè l'aver spaccato il centrodestra e dato una chance in più al Presidente uscente amico dei suoi amici imprenditori. Per il resto auguriamoci un mandato popolare forte per questo centrodestra dopo i mesi di divisioni, di distinguo, di comunicazioni difficoltose, liste fatte con i piedi arruolando mezze figure, quinte file, yes men, segretarie, guardia ville, amanti, familiari e famigli. Solo una maggioranza chiara potrà consolidare ciò che oggi dondola e può richiamare tutti alla propria responsabilità. Perché, con un Paese messo così errori non sono ammessi. E allora, fra tante speranze e pari amarezza, la strada è una: votare contro chi ha ridotto uno schifo questo Paese e questa regione. Dunque, tappatevi pure il naso ma poi prendete tre schede e piantate tre croci nel giardino del centrodestra. Chi non lo fa, complice è.

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