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Il tiro al bersaglio degli sciacalli buonisti

Roberto Saviano e Pietro Grasso

La solita sinistra: prima crea il problema poi ci specula pure sopra

Gian Marco Chiocci
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Complimenti, davvero. La grande favola multiculturale imposta a questo Paese dalla sinistra muore a Macerata, dove si aspettava la neve e invece è piovuto l'inferno. Nel sogno nero della provincia marchigiana si materializza il corpo smembrato di una ragazzina romana, ammazzata e maciullata, le membra lavate con la candeggina, la freddezza raggelante delle viscere utilizzate (forse) per riti voodoo. Tutto lascia pensare a un nigeriano con permesso di soggiorno scaduto, precedenti penali per spaccio, coltellacci e vestiti insanguinati scovati sotto il letto. L'incubo è nero, ma guai a raccontarlo così solo perché nera è la pelle del mostro presunto. Al contrario si può, si deve, parlare di Salvini "mandante morale" di quello svitato italiano borderline già in cura psichiatrica che, sull'onda del grande trauma collettivo, forte della sua militanza leghista ha indossato la bandiera tricolore per giocare al tiro al bersaglio col primo immigrato che gli si parava davanti. L'avevamo detto, scritto in tempi non sospetti, prendendoci tutti gli insulti e le etichette razziste allorché denunciavamo i rischi del multiculturalismo dogmatico, delle porte aperte a prescindere, dell'epica della doppia morale. Oggi è il matto che impugna la rivoltella e fa il saluto romano, domani sarà il padre di famiglia che vendicherà un furto in casa o la figlia molestata. Perché la realtà vera è cruda, semplice, terrificante: la popolazione immigrata, non regolarizzata, affamata, disperata, senza un tetto e uno straccio di lavoro, ha una propensione a delinquere sei volte superiore rispetto agli italiani. E le persone per bene (non è ovviamente il caso del pistolero psicopatico) se non ci pensa lo Stato a tutelarle, si sentiranno in diritto di risolverla da soli. L'aver voluto coprire con una coltre di ipocrisia problemi sociali e culturali derivanti da una convivenza impossibile, con la narrazione della solidarietà, è stato il più grande insulto che si potesse fare al popolo italiano. Che continua a subire le beffe di una sinistra in disarmo, la cui architettura ideologica è fallita ovunque ma persiste da noi. Solo perché il giustiziere del mattino era stato candidato con la Lega di Salvini hanno alzato la testa tutte quelle anime belle rimaste pressoché silenti di fronte allo scempio sui resti di Pamela. Da Pietro Grasso alla solita Boldrini (a cui va la solidarietà del Tempo per l'infame fotomontaggio in cui appare decapitata) passando per il martire Saviano fino ai don abbondio del pensiero unico migrante, è una corsa a utilizzare ogni mezzo, qualsiasi parola, per cavalcare elettoralmente il partito della paura. Ci si indigna solo per capitalizzare una riscossa ideologica e qualche voto in più. Un augurio affettuoso agli immigrati feriti, ma il nostro pensiero va prima alla mamma di quella ragazza scannata a colpi di mannaia. La politica che si indigna per i neri dopo aver fatto spallucce su Pamela ci fa schifo. Non sarà un vendicatore solitario senza sale in zucca a convincerci che prima ci togliamo di torno le Boldrini e i Saviano e meglio è.

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