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La gogna e le medaglie

Gian Marco Chiocci
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Nell'Italia della veemenza a buon mercato ogni tanto serve cacciare un grido forte a difesa di chi, per salvare la pelle altrui, ci mette faccia, cuore, fisico, tempo, famiglia e pure lo straordinario non pagato. Più che un grido è un urlo di giustizia in nome e per conto di quei medici e infermieri che finiscono alla gogna del web nonostante sgobbino in condizioni disumane. Stiamo con chi trascorre ore e ore nei pronto soccorso da vomito, in ambienti da terzo mondo, coi pazienti curati a terra o ammassati sulle lettighe peggio del casello a Ferragosto. La sanità pubblica, lo sapete, è un disastro. Un pachiderma sfinito, esausto, crollato sulle zampe sotto il gravame di quanti, nel corso dei decenni, ci sono saltati sopra grazie alla politica e alle lobby. Gente baciata costantemente dalla nomina e raramente dal talento, beneficiata dal latitare nel nostro Paese della legge del merito. E allora siamo idealmente in quelle corsie spesso tetre, in quelle stanze di fatica, speranza e sofferenza, voliamo nelle reception affollate di gente incazzata che capiamo perché non può andare contro le regole della natura: nelle situazioni di emergenza, quando si ha un malessere e si è a vario titolo impauriti, chi paga per tutti è il primo camice che ti ritrovi davanti. Solitamente o ci scappa una rissa o si gira un video, com'è accaduto a Nola. Poi l'indomani si ricomincia, senza scatti d'ira e di foto, con la gente abbandonata e rassegnata al peggio. In questa maionese impazzita del disagio e del dileggio, dove chi non rinuncia a curare altri esseri umani pur in condizioni estreme viene sospeso anziché premiato, noi preferiamo il camice e la cuffia al doppiopetto dei plenipotenziari della sanità pubblica. Cacciate i primi responsabili, non gli ultimi sfigati.

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