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Amnesty International tra amnesie e buonismo

Gian Marco Chiocci
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Amnesia International. No, non è un refuso, trattasi più semplicemente di disturbo della memoria di cui soffre l'organizzazione non governativa che se n'è uscita con le torture indicibili dei poliziotti italiani in danno dei poveri immigrati. Amnesie relative al bene che ogni giorno, in condizioni di difficoltà immense, l'Italia e i suoi agenti riservano a questi disperati. Amnesie alimentate da denunce anonime su sevizie subite per il tramite di fantasiosi manganelli elettrici. Cornuti e mazziati a colpi di scosse, dunque. Gli argomenti di Amnesty fanno sorridere e indignare anche perché non troverebbero riscontro nelle altre Ong che in questi centri operano. Argomenti smentiti duramente dal Viminale, dal capo della Polizia in persona, addirittura dall'Unione Europea che segue passo passo le operazioni negli hotspot. Ben sappiamo quanto, durante la storia del suo impegno, dietro il lodevole obiettivo della tutela dei diritti Amnesty abbia nascosto una ben definita identità ideologica, istintiva nel dividere il mondo tra buoni e cattivi. Ma conosciamo altresì quanto sia difficile l'accoglienza in Italia, e quel che patiscono gli operatori che hanno l'onere di svolgere le operazioni di sbarco, identificazione e trasferimento nei centri, spesso in carenze di organico, a rischio di infezione di malattie sconosciute, con carichi di lavoro straordinari. Semplicemente eroi. Amnesty sa che il buonismo non paga perché a forza di chiudere gli occhi e trattare tutti coi guanti bianchi poi arrivano risse, rivolte, blocchi stradali. Per questo continuiamo a credere nella professionalità delle nostre forze dell'ordine aspettando con ansia l'esito della denuncia che Gasparri e i sindacati di polizia hanno deciso di fare all'organizzazione insignita del Nobel. Così finalmente, alla luce del sole processuale, sapremo chi sono gli anonimi, chi ha sbagliato, chi ha ragione e chi, per pubblicità, ciurla nel manico. Ps: Il presidente di Amnesty ci ha ricordato beffardamente che siamo il Paese dei Cucchi. S'è dimenticato di aggiungere che perizie e sentenze finora smentiscono lui e quanti come lui hanno già condannato le divise alla sbarra. LA REPLICA Nel suo rapporto, Amnesty International ha plaudito alle straordinarie operazioni di soccorso e ricerca in mare e ha sottolineato che, in moltissimi casi, la procedura della registrazione delle impronte digitali si svolge senza incidenti e con grande professionalità degli operatori di polizia. Ventiquattro migranti - che tutto vorrebbero meno che rimanere in Italia in quanto transitanti verso paesi del Nord Europa - hanno denunciato maltrattamenti e, in due casi, forme di tortura per non aver voluto rilasciare le impronte, procedura che li avrebbe costretti a chiedere asilo in Italia. Queste denunce meriterebbero di essere approfondite e questo è quanto abbiamo chiesto al ministro dell'Interno. Cordiali saluti, Riccardo Noury portavoce

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