Me ne frigo!
Al bar, alla fermata del bus, al mercato, a scuola, in ufficio o sotto casa. La domanda che riecheggiava ieri era la stessa dell'altroieri con la funivia o dei giorni precedenti coi casini di giunta: ma Virginia Raggi c'è o ci fa? La speranza di tutti è che ci faccia, e che magari l'antologia delle sue uscite scombinate, surreali, inopportune (ieri ha tolto le luci a Grillo sceso a Roma per battagliare sugli stipendi in parlamento) sia il frutto di qualche strategia di comunicazione di cui sfugge il senso. Perché se Virginia «ci fosse» saremmo alla catastrofe con conseguente riabilitazione di Strazio Marino, un altro che non s'è capito se c'era oppure no ma almeno nei suoi primi 100 giorni al Campidoglio qualcosa riuscì a combinare. Ieri la Sindaca ha evocato il complottone dei «frigoriferi per strada». Elettrodomestici abbandonati da mani sconosciute in una sorta di regia occulta dei rifiuti, poteri forti (anzi forzuti se si pensa alla mole dei freezer parcheggiati sui marciapiedi) dimenticandosi che l'appalto sulla raccolta dei rifiuti ingombranti non era stato rinnovato proprio dal Campidoglio. Siamo al delirio. I giorni della sindaca sono un viaggio ai confini dell'assurdo, tra assessori dimessi e bruciati, la fatwa ai cronisti, gli scivoloni istituzionali, il pasticciaccio olimpico. Tre mesi di boutade offerti al dileggio dei social che l'ha innalzata a regina del dilettantismo con un filo di supponenza che rende ancor più comici certi scivoloni, come il video del party ad Anguillara postato e cancellato. La sindaca va avanti e se ne frega delle critiche. Non siamo radicalchic, perciò non crediamo alla vulgata del popolo bue che sceglie sempre Barabba. Ma siamo convinti, al contrario, che la fiducia popolare sia sacra e che debba rispettarla innanzitutto chi la ottiene. Il modo migliore per farlo, cara sindaca, è di piantarla con le buffonate.