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La clava virtuale

L'assessore Paolo Berdini

Gian Marco Chiocci
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Rieccoli. Come sempre accade quando si ha l'ardire di sollevare interrogativi su un qualsivoglia esponente grillino certi webeti pentastellati escono dalle caverne per mulinare le loro clave virtuali. È accaduto puntualmente ieri per la storia della consulenza che l'assessore grillino Berdini avrebbe avuto anni addietro per una vicenda urbanistica che anche attraverso una società collegata al Gruppo Caltagirone si rifaceva alla zona del terreno olimpico della discordia (Tor Vergata) e dunque al suo proprietario Caltagirone. Posto che costui, come ogni imprenditore, fa legittimamente gli interessi suoi e della sua azienda che dà lavoro a migliaia di persone, e posto che lavorare con il suo Gruppo è per molti assolutamente naturale se non altro perché l'uomo non è Belzebù ed è l'ultimo rimasto di una genìa immobiliare ormai andata perduta, quel che ci scandalizza è altro. Primo: lo sgomento dell'esercito grillino al fatto che Berdini, al pari della Raggi in giovane età nello studio Previti, possa aver avuto a che fare, direttamente o indirettamente, di striscio o di sguincio, con l'«Ingegnere». Secondo: l'incredulità che un giornale come il nostro, definito «di palazzinari» (quando l'editore - è notorio - s'occupa d'altro) osi chiedere chiarimenti a un esponente della giunta a cinque stelle. La verità è misera e banale: questo quotidiano non fa sconti a nessuno. Ha visto con favore la Raggi quando tutti la snobbavano, l'ha criticata per i 100 giorni di gaffe e di fuffa. Il Tempo è garantista e mai lombrosiano: combatte gli ipocriti, i farisei, quanti invocano la forca per gli indagati degli altri e le attenuanti per gli sbagli dei propri. Caltagirone e Berdini, alla fin fine, non c'entrano nulla. C'entra l'assurdo modo di ragionare di quanti rilasciano patenti di moralità seguendo logiche e post da trattamento sanitario obbligatorio.

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