Nucleare, Mele (SFBM): ricerca in Svizzera conferma l'opportunità del mix energetico
In un recente studio pubblicato su una delle riviste più autorevoli, Environmental Research letters, condotto da quattro economisti, tra cui l’Amministratore unico della SFBM Professor Marco Mele, insieme ai professori Cosimo Magazzino, Guillaume Vallet, e Nicolas Schneider, dell’MIT University, è stata analizzata la relazione tra consumo di energia nucleare e crescita economica in Svizzera, tra il 1970 e il 2018. In “The relationship between nuclear energy consumption and economic growth: evidence from Switzerland”, sono stati esaminati gli effetti del cambiamento strutturale economico ed energetico del Paese verificatosi dopo la decisione della Svizzera di eliminare gradualmente l’energia nucleare a partire dal 2034, utilizzando anche un approccio di Machine Learning, per testare i risultati di una modellistica econometrica arricchita di un processo con Reti Neurali Artificiali.
Le conclusioni dello studio suggerivano la necessità di una attenta analisi sull’abbandono dell’energia nucleare in Svizzera per evitare effetti negativi sulla crescita economica, evidenziando un nesso causale unidirezionale tra consumo di energia nucleare e aumento del Pil. In sostanza, l’abbandono graduale del nucleare avrebbe comportato effetti negativi sull’economia elvetica, soprattutto senza adeguate politiche di accompagnamento. Lo studio sottolineava infatti la necessità di rispettare un “equilibrio temporale” tra il percorso di chiusura delle centrali nucleari ed il potenziamento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, fase questa che avrebbe richiesto un periodo piuttosto lungo per raggiungere il medesimo livello di produzione di energia dalle centrali nucleari, durante il quale la Svizzera avrebbe dovuto importare energia da paesi limitrofi come Francia e Germania.
“Lo studio che abbiamo condotto – spiega l’Amministratore unico della Sfbm Marco Mele – ha evidenziato un rapporto diretto tra utilizzo di energia nucleare e crescita economica, e quindi il suo contrario. Ora, e questo è un fatto di una certa rilevanza, la Svizzera, che conta in larga parte ancora sul nucleare per approvvigionare il proprio sistema energetico e che ad oggi ha coinvolto nel processo di smantellamento solo il reattore di Muehleberg – sta considerando un possibile ritorno al nucleare, nonostante il referendum del 2017, onde evitare difficoltà di approvvigionamento energetico causato da nuove e future incertezze geopolitiche. Quel che sta accadendo in Svizzera dovrebbe far riflettere i detrattori del nucleare che, come ha ribadito il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto, rappresenta un elemento fondamentale per la decarbonizzazione, da inserire nel mix energetico. Inoltre, come evidenziato nella ricerca che ho condotto insieme ai miei coautori sull’esempio svizzero, l’investimento in energia nucleare coadiuverebbe il processo di crescita economica del Paese, apportando anche benefici alla nostra bilancia commerciale, tutelando così l’Italia da possibili shock internazionali sia energetici che finanziari”.