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"Alla riscoperta dell'arte classica". La mostra di Venanzoni ad Ariccia

Carlo Scagnoli
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Il gioco delle luci, la danza delle forme, la celebrazione del bello. Parlare di capolavori artistici non è mai banale, specie quando sotto ai riflettori finisce un gigante come Caravaggio. Il rischio è quello di scadere nella retorica, in qualcosa di già detto, abusato e strumentalizzato. Ma se provassimo a guardare Caravaggio da un’altra prospettiva, cosa accadrebbe? Parliamo delle opere di Guido Venanzoni, artista romano d’altri tempi, dal timbro rinascimentale, pennello strappato alla mano del Caravaggio e contagiato del suo estro, entusiasmo raro stimolato dallo spirito creativo cinquecentesco. Dopo diverse esposizioni di successo, tra cui quella voluta da Vittorio Sgarbi al Museo Doebbing di Sutri, Ladispoli, Castel Sant’Angelo, Bracciano e Palazzo Chigi ad Ariccia, i dodici capolavori di Venanzoni si apprestano a fare il giro d’Europa, partendo dalla tappa di Catanzaro: i dipinti verranno esposti presso il Complesso Monumentale del San Giovanni, nell’ambito della mostra «Caravaggio, non c’è energia senza colore. Storia di forme che prendono vita». In attesa di questa nuova, importante tappa, abbiamo incontrato Venanzoni a Palazzo Chigi ad Ariccia, dove fino al 7 gennaio sono esposte due delle sue opere, «Il bacio di Giuda» e «La Negazione di Pietro». Proprio accanto alla prima versione della composizione del Caravaggio raffigurante la «Presa di Cristo», capolavoro sconosciuto e mai mostrato al pubblico, riconosciuto e attribuito al Caravaggio dallo storico dell’arte Francesco Petrucci, Conservatore di Palazzo Chigi ai Castelli Romani.

Da dove nasce la sua passione per Caravaggio? Perché proprio lui?
«Da piccolo rimasi folgorato dal famoso “Cesto di frutta”. Mi spinse a cercare altre immagini attribuite al Caravaggio e, con mio stupore, notai che guardare i suoi quadri era come osservare la realtà. I dipinti dei suoi contemporanei erano invece più leziosi e meno naturali».

Perché oggi è importante riscoprire un artista come Caravaggio?
«In generale, ritengo che oggi sia molto importante riscoprire la buona pittura.
Si sta esagerando con illogiche e irritanti provocazioni chiamate “arte”: cacca d’artista, banane appese al muro... Così non si fa altro che allontanare la gente dal buon gusto. Alle nuove generazioni vorrei consigliare di guardare con i propri occhi e giudicare senza essere influenzati da commercianti e pubblicità».

Qual è il compito dell’arte oggi?
«La frase “L’arte salverà il mondo” è da prendere molto sul serio. In questo secolo di guerre e non curanza verso il prossimo, dove hanno fallito tante ideologie, l’arte con la A maiuscola e la sua bellezza consegna alle persone di tutti i ceti sociali un benessere mentale e di felicità paragonato all’amore. Credo sia questo il compito principale dell’arte al giorno d’oggi».

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