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Giovanni Coletti è ufficiale al Merito della Repubblica, l'incontro con Sergio Mattarella

Francesco Fredella
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Ufficiale al Merito della Repubblica, Giovanni Coletti è da sempre in prima linea per sostenere l’Autismo, in un contesto socio-sanitario non sempre adeguatamente pronto a sostenere le persone con Disturbi dello Spettro Autistico. Visionario e lungimirante, Coletti è stato tra i principali fautori di un progetto innovativo ribattezzato Casa Sebastiano per la residenzialità e la riabilitazione di quanti affetti da questa patologia. L’abbiamo raggiunto per fare due chiacchiere e saperne qualcosa di più a riguardo.

Da sempre è in prima linea per sostenere l’Autismo. Ma cos’è, in parole semplici, l’Autismo?
“Le persone – bambini e adulti con Disturbi dello Spettro Autistico – hanno un funzionamento neurologico differente da quelle cosiddette neurotipiche, che può manifestarsi con problemi di entità e gravità differente nella capacità di comunicare, di entrare in relazione con gli altri e di adattarsi all'ambiente”.

Cosa fanno e cosa potrebbero fare le Istituzioni italiane per perorare la causa?

“E’ necessaria, in prima istanza, una diagnosi precoce! Converrebbe tra gli 8 e i 24 mesi, diversamente si perde del tempo preziosissimo per la riabilitazione, che dovrebbe essere di almeno 5/8 ore settimanali. Inoltre, servono educatori specializzati nelle varie fasce scolastiche. Dopo la scuola, purtroppo, per i genitori e, soprattutto, per i ragazzi, c’è un passaggio drammatico perché si perdono tutti i riferimenti, ritrovandosi tagliati fuori dal contesto sociale. Non esistono strutture specializzate nell’Autismo, ci sono numerose cooperative che lavorano bene sul territorio, ma sono insufficienti e per il “Dopo di noi”, e meglio sarebbe il “durante noi”, c’è il deserto: esistono pochissime strutture per il passaggio alla vita autonoma fuori dalla famiglia. In alcune province non ce n’è addirittura nemmeno una. Questo è il vero dramma”.

Ha più volte dichiarato che sono stati stanziati diversi milioni di euro che, però, non vengono concretamente utilizzati per sostenere le famiglie di bambini autistici. Perché?
“Le motivazioni vanno ricercate nella non corretta conoscenza delle istituzioni del problema Autismo, sono pochi i politici che vogliono realmente sapere. Sono stati stanziati dei milioni di euro per il “dopo di noi” ma solo una piccolissima parte va a finire nel sostegno alle famiglie o nella creazione di strutture specializzate per la vita indipendente o per gestire questi ragazzi che sono sì difficili, ma anche consapevoli. E’ più facile usare psicofarmaci che capire il paziente”.

La sua è una vera e propria missione. Quanto ha influito la sua esperienza personale in merito e il fatto di essere genitore di due gemelle autistiche nella sua lotta quotidiana in supporto di questo disturbo del neurosviluppo?
“La mia vita è completamente cambiata dopo la nascita delle mie figlie. Sono stati anni di duri sacrifici famigliari, investendo in laboratori riabilitativi; eravamo coscienti che se non avessimo fatto qualcosa noi genitori non ci sarebbe stato nulla per molti bambini. Le istituzioni navigavano nel buio, offrendo poco o nulla, poi ci hanno copiato – e parlo dell’azienda sanitaria – e si sono organizzati, ma quando siamo partiti noi genitori non esistevano ambulatori riabilitativi. Abbiamo dovuto lavorare per anni nelle ore serali e nel fine settimana per creare una struttura riabilitativa”.

E’ stato tra i fautori di un prezioso progetto, quello di Casa “Sebastiano”, per la residenzialità e la riabilitazione di persone con Disturbi dello Spettro Autistico. Ce ne parla?
“Casa “Sebastiano” è stata una scommessa con le istituzioni trentine, neanche loro pensavano che ne sarebbe uscita una struttura all’avanguardia come invece è. C’è dietro un grande lavoro di progettazione del modo di prendersi cura di questi ragazzi/e speciali, un metodo riabilitativo per adolescenti e adulti ed il supporto della tecnologia. Vengono da tutta Europa a visitarla oltre che dalle A.S.L. italiane”.

La struttura ospita, addirittura, una Stanza Multisensoriale Interattiva, che è stata finanziata dalla Rotary Foundation americana. Di che si tratta esattamente?
“In sostanza, si tratta di una stanza speciale per ragazzi/e speciali con un sistema di proiettori su pareti e pavimento che prevede oltre 300 programmi, personalizzabili per ogni utente. La tecnologia permette un coinvolgimento immersivo, fa scattare la curiosità ed anche il divertimento, ricreando scenografie e stimolazioni sensoriali, con attività che vanno a lavorare sia nella dimensione cognitiva che in quella motoria grazie all’ausilio di personale appositamente qualificato”.

Secondo un recente studio americano, negli USA sono considerevolmente in aumento le nascite di bambini con autismo. Com’è la situazione in Italia?
“In Italia è come in tutte le parti del mondo dove dicono di non avere autistici perché non fanno diagnosi accurate. L’incidenza è di 1 su 56 nati dagli ultimi dati internazionali, pertanto è un problema da non sottovalutare”.

Per attivare un percorso riabilitativo, è fondamentale una diagnostica rapida ed efficace. Cosa avviene nel nostro Paese?
“Per le diagnosi e per le riabilitazioni c’è ancora da lavorare, ma ci sono. Il problema grandissimo di cui nessuno o pochi parlano è quanto detto in precedenza: il DOPO DI NOI o DURANTE NOI, come sarebbe meglio. Noi come Fondazione Trentina per l’Autismo ci siamo e siamo in attesa di risposta dalle istituzioni”.

Che consigli sente di dare a coloro i quali, assolutamente impreparati, si trovano ad interagire con persone con autismo? Quali sono i comportanti da assumere? Che approccio utilizzare?
“Devono ricordarsi tutti che per l’autismo serve determinazione e, come in tutte le relazioni umane, il sorriso. Il sorriso è trascinatore, trasmette serenità ed empatia. I ragazzi affetti da autismo reagiranno molto male alla durezza e alle forzature. Serve la comunicazione, in particolare le persone con autismo hanno bisogno di sapere cosa succede loro, ogni momento, la programmazione della giornata li rassicura. Anche l’alimentazione è una cosa importantissima, stomaco e cervello sono direttamente collegati, la scienza l’ha dimostrato. Ed è necessario capire se ci siano altre patologie correlate o malesseri, perché non tutto è riconducibile all’autismo. Hanno un mondo interiore che non riescono a far uscire, anche quelli che non parlano trasmettono con gli occhi, con il loro modo di fare, bisogna trovare la chiave per riuscire a capirli e aprire lo scrigno prezioso che è nascosto dietro il muro dell’incomunicabilità dell’autismo. Ci sono tecniche e strumenti per poterli fare comunicare: la Comunicazione Alternativa Aumentativa per immagini, la scrittura ecc”.

Che consigli darebbe, invece, alle famiglie di bambini autistici?

“Un appello importante: mettetevi insieme, fate gruppo e individuate un portavoce autorevole che possa portare l’istanza dei diritti dei vostri figli. Create gruppi di aiuto reciproco, almeno di confronto per scambiare esperienze e informazioni con i più anziani, che possono essere di grande supporto.
Il non sapere è il peggior nemico delle persone con autismo: questi ragazzi/e possono migliorare moltissimo e dare molto, se supportati con la riabilitazione e con educatori o personale ben formato”.

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