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di Paola Pariset Resta il profumo delle essenze cinquecentesche, nel Parco di Villa Medici al Pincio - dal 1803 sede dell'Accademia di Francia a Roma - esalante dalle distese di erbe d'oro tappezzate di diamanti (come diceva dei prati assolat

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Restano,in un "carré" del Parco, solo le copie ottocentesche della teatralizzazione ellenistica della Strage dei Niobìdi, i cui esemplari, acquistati dal cardinale appena scoperti negli Horti Sallustiani, passarono a Firenze nel secolo XVIII con l'intera collezione d'antichità. E pochissimo resta dei preziosi calchi in gesso della Colonna Traiana, le cui "forme" furono realizzate da formatori romani nella capitale al tempo del Colbert negli anni '60 del Seicento, per volontà del Re Sole che vi vedeva proiettata la propria sovranità. La spettacolare Colonna Traiana infatti, inaugurata nel 103 d.C. dall'Imperatore-filosofo entro il suo Foro, come diario scultoreo - forse di Apollodoro di Damasco – celebrativo delle sue imprese belliche contro i Daci, era divenuta in età moderna per i sovrani francesi un modello di affermazione iconografica della divina grandezza del Re: quella, e non la Colonna Antonina eretta dall'imperatore Marco Aurelio, completata nel 180 dopo Cristo e ispirata, nel suo violento luminismo, a princìpi di crudeltà e repressione delle popolazioni barbariche. I calchi vennero spediti a Parigi nel 1671, non senza che l'Accademia di Francia a Roma, istituita nel 1666, ne trattenesse una parte, qui poi fortunosamente salvata dai passaggi di proprietà e dai saccheggi durante la Rivoluzione Francese. Oggi i bassorilievi riferiti a varie zone del fregio – uno dei quali rappresenta Traiano Pontefice Massimo nel sacrificio dei "suovetaurilia", con le vittime animali scolpite al di sotto – sono sistemati in parte nella recente Gipsoteca. Ma Villa Medici restituisce ancora i suoi tesori: venne scoperta sotto vecchi intonaci nel 1985, da una dottoranda francese in residenza, la bellissima Sala degli Uccelli, or ora restaurata nei suoi affreschi. Staccata dall'edificio principale, ricavata per volontà di Ferdinando de' Medici in una delle Torrette delle Mura di Aureliano che cingono la Villa, questa piccola oasi - preceduta dalla Sala dell'Aurora affrescata da Jacopo Zucchi – conserva ancora il tepore del nido: forse è il nido degli uccelli che in gran copia popolano il fresco pergolato di verdure dipinto dallo Zucchi nel 1574-76, così vicino ai pergolati che Raffaello richiedeva al pittore Giovanni da Udine, per la Farnesina o le Logge Vaticane? No: il nido era invece quello del potente cardinale, in questa camera defilata, la cui stretta scala - menante fuori dalla Villa e dalle Mura Aureliane - è ancora frusciante delle sete di giovani dame, uscite dagli amplessi segreti con Ferdinando, cui l'insistente iconografia degli uccelli allude.

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