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di Dina D'Isa Dopo l'annullamento della festa americana per il lancio del film (a causa del lutto per la strage di Newtown), Quentin Tarantino si prepara ora ad uscire in Italia (il 17 gennaio) con un'anteprima il 4 gennaio.

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«Laviolenza nel mondo c'è, le tragedie accadono, prendetevela con i playmaker - ha detto il regista - "Djiango" è un western, ma fatemi respirare, sono stanco di difendere sempre i miei film». C'è molta Italia in questa pellicola: oltre alle musiche di Ennio Morricone ed Elisa nel brano «Ancora qui», anche un cameo di Franco Nero e tanti riferimenti a Leone e Corbucci. L'ultima fatica dell'autore di «Pulp Fiction» è uno spaghetti-western ambientato nel profondo Sud degli Stati Uniti e racconta la storia dello schiavo Django, interpretato da Jamie Foxx, liberato dai suoi padroni grazie al dentista tedesco King Schultz (Christoph Waltz), divenuto cacciatore di taglie. Lo schiavo liberato è determinato a ritrovare la moglie (Kerry Washington) che si trova nella famigerata piantagione gestita da Calvin Candie (Leonardo di Caprio). Secondo Jamie Foxx (alias Django), la violenza sul grande schermo può influenzare la gente: «Non possiamo girare le spalle e dire che la violenza nei film o qualsiasi cosa noi facciamo non abbia una sorta di influenza, ce l'ha». Nella pellicola, che ha ricevuto cinque nomination ai Golden Globes, non manca comunque il sangue che schizza a fiotti quando i protagonisti vengono fatti fuori, né tanto meno quello stile estremo e ironico che contraddistingue da sempre quel geniaccio di Trantino. Per la prima volta DiCaprio interpreta il ruolo del cosiddetto cattivo per antonomasia, e - secondo il parere del divo stesso - «calarsi nei modi di Calvin Candie è stato abbastanza stomachevole». DiCaprio interpreta un personaggio talmente pieno di disprezzo e di razzismo, che sul set era a disagio persino nell'interpretarlo. Di tutt'altro genere è, invece, la pellicola diretta da Giuseppe Tornatore e dal 1 gennaio nelle sale. Protagonista è Geoffrey Rush, nei panni di un battitore d'aste «un uomo che subisce una trasformazione, all'inizio ha una personalità e alla fine ne ha una completamente diversa - ha spiegato il regista siciliano - Rush è un attore straordinario, gentile, maniacale, quasi ossessivo nel lavoro: ha accettato quasi subito la parte, confessandomi che era stata sua mia moglie a dirgli di fare il mio film». «La migliore offerta» non aveva senso girarla in Italia, con attori italiani, perché ha nella sua idea iniziale un respiro internazionale e mitteleuropeo. Vienna, Trieste, Bolzano, Praga e Roma fanno da scenario, ma nessuna, tranne Praga, è identificabile. Mentre il resto del cast è composto da Donald Sutherland, Jim Sturgess (un giovane con una straordinaria capacità di restaurare e aggiustare le cose) e Sylvia Hoeks (una cliente): «Lei, il personaggio femminile, è stato il più difficile da trovare - ha detto Tornatore - Il film è una grande storia d'amore. Quindi, questa "migliore offerta" è riferita ai profondi sentimenti che, quest'uomo, prova per una ragazza di nome Claire che è Sylvia Hoeks: quale sia la "migliore offerta" che si può fare in amore è la vera scommessa del film, e direi anche della vita… la più alta? La più bassa? E con questa chiave, questa domanda in testa ho girato la storia d'amore, come un vero thriller, come un giallo classico, ma dei sentimenti, non pensate ad omicidi, a morti e feriti perché non vi è nulla di tutto ciò».

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