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di Dina D'Isa Hanno preso il via ieri a Roma le riprese di «Alberto il Grande», documentario con il quale i fratelli Carlo e Luca Verdone renderanno omaggio alla memoria e alla figura di Alberto Sordi.

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Locationd'eccezione per il primo ciak è la bella villa di via Druso, dove Sordi ha abitato dal 1958 fino alla sua scomparsa. Ad aprire per la prima volta le porte della storica residenza di Albertone, la sorella Aurelia che, insieme con Carlo Verdone accompagnerà lo spettatore alla scoperta del mondo segreto di Sordi. Una lunga carrellata di testimonianze di amici, registi, colleghi, collaboratori e studiosi, tra i quali Franca Valeri, Pippo Baudo, Claudia Cardinale, Gian Luigi Rondi, Enrico e Carlo Vanzina, Christian ed Emi De Sica e Carlo Lizzani, insieme con sequenze tratte dai suoi film, video e immagini inedite scovate negli archivi di Medusa, della Rai, di Cinecittà Luce, della Fondazione Alberto Sordi e dell'Associazione culturale Enrico Appetito, contribuiranno a ricostruire il ritratto, insieme umano e artistico, dell'attore che con il varietà, il cinema e i suoi eroi tragicomici, ha saputo meglio di chiunque altro raccontare gli italiani, con i loro pregi e soprattutto con i loro difetti. «Questo nostro documentario - hanno sottolineato i due registi - vuole essere un omaggio a un grande attore che rappresenta la tradizione dello spettacolo romano ai più alti livelli e che negli anni si è rivelato anche di fondamentale importanza per la nascita e lo sviluppo della migliore commedia all'italiana. Un attore assolutamente rivoluzionario, all'inizio della sua carriera, tanto da scardinare le impostazioni da Accademia Teatrale canonica creando stupore e sbalordimento sia nel pubblico sia nella critica. Sordi è stato una maschera ineguagliabile che conteneva tutte le fragilità, le miserie, i tic e i difetti dell'italiano medio. Non quindi una maschera regionale ma una maschera universale». In particolare, Luca Verdone ha svelato che ieri il fratello Carlo è «entrato nella villa di Sordi, per mostrare e ricordare come il grande attore romano passasse le sue giornate. Oltre alle stanze nelle quali viveva, davvero sconosciute al pubblico, verranno raccontati gli aspetti più segreti e nascosti di Albertone, grazie al permesso della sorella Aurelia». Carlo Verdone, più volte nominato come erede ufficiale di Sordi, non se la sente invece di accollarsi questo importante appellativo, ma preferisce sentirsi un «allievo» di Alberto che, come Virgilio per Dante illuminerà gli angoli più oscuri di questo straordinario personaggio che ha interpretato il costume degli italiani per oltre 60 anni, con circa 150 film da attore cinematografico e uno per la serie televisiva «I Promessi Sposi» di Nocita (1989), 19 film da regista, senza contare i suoi lavori da doppiatore (in particolare di Oliver Hardy, Anthony Quinn, John Ireland e Robert Mitchum), quelli teatrali, quelli in qualità di compositore e cantante, oltre ad alcune conduzioni televisive e ai suoi popolari programmi radiofonici. Estremamente riservato nella sua vita privata, l'unica relazione di Sordi che si conosca e che gli è stata attribuita (seppure con il dovuto riserbo) è quella durata nove anni con l'attrice Andreina Pagnani. Ha vissuto sempre nella villa di Via Druso a Roma insieme alle sorelle Savina (deceduta nel 1972) e Aurelia (nata nel 1917), con il fratello Giuseppe (scomparso nel 1990), suo amministratore e con la segretaria Annunziata, che oggi sovrintende al suo archivio personale. Trasteverino doc, come tanti altri noti artisti del dopoguerra, già nelle scuole elementari iniziò a improvvisare piccole recite con un teatrino di marionette per un pubblico di suoi coetanei, oltre a cantare come soprano nel coro di voci bianche della Cappella Sistina diretto da don Lorenzo Perosi. Anche se iniziò a lavorare al cinema nel 1937, si fece notare solo nel 1950 con una pellicola sceneggiata da Cesare Zavattini, prodotta e in massima parte diretta in forma anonima da Vittorio De Sica, «Mamma mia che impressione!», che pur trasportando nel cinema il modello di recitazione tutto verbale sperimentato in radio, contribuì a creare un personaggio assai originale (il Compagnuccio della Parrocchietta) che ripropose poi in altri lavori minori.

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