di Dina D'Isa Per gli scrittori francesi dell'800, Hoffmann ha incarnato il vero spirito romantico tedesco, tanto che la sua figura e le sue opere letterarie, improntate al fantastico e all'horror, influenzarono notevolmente il Romanticismo
Perl'idea si ispirò agli schiaccianoci di legno decorato che abbellivano i mercatini di Natale della Germania ottocentesca, in un periodo in cui nascevano le prime grandi produzioni in serie di giocattoli. Ma nel 1844 Alexandre Dumas lo reinterpretò pubblicandolo a suo nome e la sua versione resterà quella più nota, alla quale si ispirerà poi Tchaïkovski per il suo struggente Schiaccianoci. La storia di Hoffmann è un omaggio al mondo parallelo, il mondo onirico dell'inconscio e dei sogni, nei quali Schiaccianoci (con la sua figura da anti eroe) conduce il lettore, grazie alla piccola Marie che, pervasa dalla sua innocenza infantile entrerà con lui nel regno della fantasia, in un paese paradisiaco fatto di zucchero e confetti. Evidentemente, la storia originale appariva però troppo tetra e cruenta e, così, Alexandre Dumas trasformò l'originale narrazione, rielaborandola ed eliminando tutti gli aspetti più inquietanti, in particolare quelli freudianamente psicoanalitici, per allargarsi invece verso un universo incantato che esalta divertimento e fantasia. Prendendo le distanze dal modello Hoffmanniano, il mondo della fiaba e del sogno vira verso un'ambientazione più rassicurante: al lettore non resta che ascoltare, insieme al pubblico bambino, una bella fiaba, così che non si prova quel sentimento di inquietudine tanto caro all'autore tedesco, ma la realtà resta ben salda al suo posto. La versione di Dumas si apre sul narratore che parla in prima persona: durante la notte di Natale, si addormenta su un divano e viene svegliato da alcuni bambini in festa. Per farli stare buoni, racconta loro una storia, quella dello Schiaccianoci. Non si prova, come tra le pagine di Hoffmann, inquietudine, la realtà resta ben salda al suo posto; ed è forse per questo aspetto rassicurante che il racconto di Dumas ha avuto più successo. Anche la trama del balletto «Lo schiaccianoci» attinge alla versione di Dumas: il coreografo Petipa a Pietroburgo, primo ballerino al Teatro Marijinskij, era infatti intenzionato a diffondere anche tra i russi l'amore per la danza, e soprattutto al grande musicista Tchaïkovski. E ci riuscì: la versione dello Schiaccianoci tradì quindi l'opera letteraria di Hoffman, perché venivano ignorati i risvolti neri e psicologici della vicenda (che serpeggiavano sotto la patina giocosa della favola). Questo non impedì certo il grande successo del balletto, nel quale vennero esaltati gli elementi tradizionali dell'amore, dei prodigi e dei divertimenti. Tra i film trasposti sul grande schermo e ispirati all'opera letteraria, il più famoso è di sicuro il lavoro di Andrei Konchalovsky, uscito in 3D nel 2010. Konchalovsky, assuefatto dal potere morale delle favole di insegnare ai bambini come affrontare la paura e il pericolo, ha rivisitato l'originale versione dell'autore romantico tedesco Hoffmann, senza però tralasciare quei giocosi e rassicuranti cambiamenti che fece Dumas. Ecco che arriva, sì, quell'esperienza freudiana e perturbante, nella quale una presenza inquietante si insinua nella quotidianità in modo sorprendente e improvviso. Il regista esalta la potenza di Hoffmann nella sua precipua capacità di saper penetrare il reale trascinandoci in un modo assolutamente naturale in un'altra dimensione surreale. Un omaggio, quindi, al mondo dell'inconscio e a quello onirico che inevitabilmente, a volte, sfocia nell'incubo. Andrei Konchalovsky attinge con maestria e fantasia ad entrambe i testi, rispettando così quelle volontà espressive sia di Hoffmann sia di Dumas, che sono state per decenni separate ed ancorate ad una inutile rivalità letteraria. Grazie ai magnifici effetti della versione cinematografica tridimensionale il film assume un spirito nuovo e completo permettendo al magico mondo della favola di prendere il sopravvento. Con disinvoltura. Il periodo e l'ambientazione rimangono le stesse: nella notte di Natale Mary riceve in dono dall'adorato zio Albert uno schiaccianoci di legno, quella figura del Nutcracker che è una via di mezzo fra Pinocchio e Napoleone che dovrà imbattersi in una battaglia contro i topi, capeggiati da re Torturro. Solo che i topi diventano il simbolo dei nazisti che bruciano giocattoli nei forni: quasi una metafora della rattizzazione del mondo pronta a sopraggiungere sotto spoglie imprevedibili. Il film segue le vicende di Mary il cui monotono Natale viennese si riempie improvvisamente di emozioni dopo l'arrivo dello zio Albert che ha un regalo per lei: uno schiaccianoci magico. La sera della vigilia di Natale, il nuovo amico di Mary, lo Schiaccianoci, prende vita e l'accompagna in un viaggio nel suo mondo fantastico fatto di fate, confetti e tanti giocattoli che si animano. Presto Mary si accorge che questo regno meraviglioso è però minacciato dal tirannico Re Topo e dalla perfida madre. Konchalovsky ha ripristinato gli elementi più scuri della favola tedesca, che Dumas aveva spazzato via e che il balletto stesso non contempla. Quasi a ribadire, cioè, la necessità di accettare la natura problematica della vita e di lottare contro quelle che appaiono come difficoltà insormontabili. Ttanto che il regista scomoda persino Freud in persona e in una scena viene menzionato nel salorro viennese: «Hai sentito, caro, cosa dice il dottore dei sogni dei bambini...». E la fantasia vince spazzando via ogni dubbio.