di Michele Coccia Fu nei primi anni Sessanta che venni a conoscere l'esistenza di «Der lange Georg» («Il lungo Giorgio»), il cannone austriaco di marina che, dalla sua postazione nella penisola di Calceranica, sulle rive del lago di Caldonazzo, ind
Matteo.Alcuni anni dopo questo primo incontro con «Der lange Georg», essendo presidente della Commissione di Maturità operante presso il prestigioso Liceo Ginnasio Arcivescovile di Trento, conobbi Don Rino Dallabrida, docente dell'Istituto, un pio e dotto Sacerdote, la cui collaborazione i cacciatori si contendevano per la sua abilità nell'imitare i richiami degli uccelli. Don Rino ricordava volentieri di essere stato «precettato» dalle autorità militari austriache per collaborare alla realizzazione delle strutture destinate a ospitare il mostro d'acciaio che avrebbe raggiunto Calceranica sui binari della ferrovia della Valsugana. Il racconto del pio Sacerdote terminava, mentre un sogghigno di malcelata soddisfazione increspava le sue labbra, con l'affermazione: «Al terzo colpo ci dissero che avevamo distrutto il Ponte di Roana», l'ardito manufatto a cavallo della Valdassa, la cui inaugurazione il 17 luglio 1906 aveva rappresentato la realizzazione di un sogno vagheggiato dalle genti dell'Altopiano di Asiago dai primi decenni dell'800. Il ponte venne invece fatto saltare alle 16 del 22 maggio 1916 su ordine del Comando Supremo italiano, per bloccare l'avanzata delle truppe austriache, obbligate a segnare il passo sull'orlo dell'immensa rovina causata dall'esplosione e dalla caduta in fondo valle dei materiali e delle strutture costituenti quel capolavoro di ingegneria. La cui importanza per la viabilità sull'Altopiano dei Sette Comuni è attestata dal fatto che già nell'aprile 1919, terminato vittoriosamente il conflitto, si cominciò a programmare la sua ricostruzione, completata il 24 settembre 1924 con una solenne cerimonia inaugurale alla presenza di S.E. Benito Mussolini. Al cannone di Calceranica e alla sua breve vicenda bellica mi ha riportato in questi giorni, nei quali il mio pensiero, nel crepuscolo dell'esistenza, torna sovente, con nostalgica insistenza, ai monti e ai laghi della Valsugana e alle valli che solcano l'Altopiano di Asiago, il ricco volume di Luca Girotti, La Grande Guerra. Der Lange Georg, «Il Lungo Giorgio». Un'artiglieria navale bombarda Asiago, recentemente pubblicato da Gino Rossato Editore, Novale-Valdagno (Vi). La nascita del nostro cannone viene dall'Autore messa opportunamente in rapporto con l'evoluzione dell'uso di artiglierie di grosso calibro evidenziata dalle prime sanguinose fasi del conflitto e con la disponibilità di bocche da fuoco a lunga gittata costruite dalla ditta cecoslovacca Skoda di Pilsen e destinate ad armare sul mare una nuova classe di corazzate la cui realizzazione fu bloccata nel febbraio 1915. Quando la ditta costruttrice segnalò, il 28 maggio 1915, che il primo dei dieci cannoni commissionati era pronto all'uso, non erano disponibili gli scafi sui quali montare la nuova arma. Fu allora che il Comando Supremo austriaco decise di assegnare all'esercito questa colossale bocca da fuoco, designata «Langrohrkanone 35 cm L45» «Cannone prolungato 35/45»), e la sua metamorfosi da arma navale a cannone terrestre è ricostruita dall'Autore in pagine arricchite da una puntuale documentazione fotografica, che danno larga parte anche ai complessi lavori eseguiti nella zona destinata ad accogliere il mostruoso ospite e il personale militare destinato ad azionarlo. L'attività bellica del cannone di Calceranica durò, come abbiamo visto, assai poco, con risultati, che Girotto documenta minutamente, nel complesso assai limitati, anche se si poté causare quel panico nella popolazione di Asiago, ospitante numerosi comandi militari fra i quali quello della 34^ divisione di fanteria, che i Comandi austriaci si ripromettevano soprattutto di ottenere dall'intervento nella lotta del «Lange Georg», la cui riserva di munizioni si era però esaurita con i colpi sparati la sera del 18 maggio su Gallio, mentre la bocca da fuoco subiva una seria usura che rendeva il tiro impreciso rispetto agli obiettivi indicati dagli aerei da ricognizione che sorvolavano la zona. Fu quindi deciso il ritorno del cannone nelle officine di Pilsen con un convoglio ferroviario che giunse a destinazione il 30 maggio, dopo sette giorni di viaggio. L'esperienza, parzialmente negativa, fatta sulle rive del Lago di Caldonazzo, fu molto utile ai tecnici tedeschi delle officine Krupp nel progettare il cannone che dal 12 marzo all'agosto 1918 indirizzò su Parigi 367 proiettili, causando la morte di 250 cittadini e il ferimento di altri 620: è quello che, con il nome di «cannone di Parigi», ha lasciato duratura memoria nella storia della Grande Guerra: del resto, anche «Der lange Georg», come felicemente documenta Girotto, ha conservato, nella memoria storica delle genti trentine, il significato simbolico «della rinnovata potenza dell'impero asburgico, l'evidente testimonianza del progresso dell'arte militare» nella realizzazione di strumenti di guerra, avendo offerto alle valli alpine l'esempio di un'arma mostruosa, dalle eccezionali, insuperabili caratteristiche belliche.