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di Dina D'Isa Uscirà venerdì in 220 copie distribuite da Medusa un film di genere dei Manetti Bros realizzato a low budget ma con risultati straordinari, visto che «Paura 3D» riesce nell'intento di terrorizzare davvero gli spettatori.

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Itre giovani si ritrovano per puro caso le chiavi di una villa fuori città apparentemente vuota e loro ne approfittano per farsi un bagno in piscina, ma quando vanno in cantina per bersi una bottiglia di vino d'annata, scoprono una donna nuda (Francesca Cuttica) prigioniera del proprietario e da lui considerata come un bambina (tanto che le rade speso il pube in alcune scene a rischio censura). Questa scoperta porterà ai tre ragazzi solo guai e un tuffo nel genere horror dell'insanità mentale. Perfette le musiche di Pivio e le ispirazioni dei due registi che attingono a Hitchcock e a Dario Argento. Servillo, come è entrato nella parte di un carceriere tanto efferato? «È stata una bella sfida anche perché il mio carattere è assolutamente all'opposto di quello del tirannico carceriere. Il film punta sul lato oscuro di ognuno di noi e si ispira alla storia di Natascha Kampusch, di cui ho letto il diario della prigionia, «3069» (il numero dei giorni nei quali è stata rinchiusa), scritto in modo molto intelligente e preciso. Spiega infatti come alla fine la prigioniera abbia identificato nel suo carceriere una figura paterna». Quali sono state le maggiori difficoltà interpretative? «Non è stato facile riuscire a comprendere fino in fondo come questa ragazza abbia scambiato il suo boia per un padre e poi, alla fine, per un carceriere del quale voleva liberarsi a tutti i costi». Come è stato il rapporto con la vittima, interpretata dalla Cuttica? «Sono entrato in relazione con questa piccola donna che, in un certo senso, mi ha messo in difficoltà. Anche se la figura di questa ragazza è stata poi trasfigurata dal film dei Manetti Bros. I suggerimenti dei due registi sono stati fondamentali, perché hanno saputo reinventare una vicenda estremamente interessante». Quali sono le caratteristiche più evidenti del suo folle personaggio? «Tra tutti, il mio personaggio è quello che si muove meno. È quasi incapace di ribellarsi alla sua debolezza, ha delle regole che quando si rompono gli procurano un corto circuito irreparabile. È un collezionista che rivela una patologia svelando il dramma di un uomo solitario che ha difficoltà a relazionarsi con chiunque, nonostante l'eleganza che apparecchia nel rapporto con gli altri, ma che poi fallisce». Lei è un appassionato di genere horror? «Non amo gli horror ma nella proposta dei Manetti ho trovato l'interesse, da attore, di utilizzare espressivamente una personalità contraria alla mia, che invece è mite». Cosa le fa più paura? «L'ignoto» E da bambino? «L'ignoto terrorizzante è rappresentato ai bambini in vari modi, anche nelle fiabe e questa è una favola nera che offre spunti di grande tenerezza, soprattutto nei ruoli dei tre ragazzi». Prossimi progetti? «Il disco "Memorie di Adriano" con lo spettacolo dedicato alle canzoni del Clan di Adriano Celentano che mi vedrà in scena con jazzisti del calibro di Girotto, Bosso, Di Castri, Marcotulli e Barbieri. Suonerò a Roma il 22 luglio a Villa Pamphilj, poi a Ravello, e sto preparando anche un concerto di canzoni napoletane da me rivisitate».

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