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Franco Loi, nella sua ultima raccolta di versi, «I niül» (Interlinea Ed.), rivive il legame con la sua città, Milano, in cui riconosce tutti i vizi e le virtù del nostro paese, dove «il male è essersi perduto, essere senza grazia».

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«Ah,Italia nascosta, che nessuno può vedere, / Italia che lavora e si dispera,/ Italia senza gloria e senza possedimenti,/ terra d'un dio nascosto senza paura,/ io ti conosco e cerco il succo del credere/che tiene insieme le genti dentro l'oscurità». L'abbaiare d'un cane, una sirena d'allarme, qualcuno che canticchia al tramonto, i bambini che giocano a palla, il ferro d'un tram, sono la vita che tenacemente si riafferma, anche quando «facciamo fatica a dare fiato al cuore». Chiude il volume il «Monologo del povero cristo» che, in un mondo «abitato da ricchi e da morti», si augura di esserci quando sarà il giudizio finale, non più temuto, ma desiderato. Nicola Bultrini

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