di Dina D'Isa Il film-fenomeno «Hunger Games» ha superato i 500 milioni di dollari di incasso in tutto il mondo e, mentre in Italia sale la febbre per l'arrivo della pellicola nelle nostre sale dal 1° maggio, la serie di culto tratta dai volu
Mentrearriva in libreria il capitolo-chiave del terzo romanzo della serie, inedito in Italia, «Il canto della rivolta» (che Mondadori manderà sugli scaffali il 15 maggio), il romanzo della Collins è in Usa da 180 settimane consecutive nella prestigiosa lista dei bestseller del New York Times. E al top del box office americano, ormai da più di quattro settimane, «Hunger Games» (terzo incasso di sempre negli Usa dopo «Harry Potter e i doni della morte - parte II» e «Il cavaliere oscuro») arriva in Italia distribuito da Warner carico di aspettative. E senza censura, nonostante le mamme britanniche abbiano già lanciato l'allarme, dalla Gran Bretagna, perché le scene sono troppo violente e sanguinose per i giovani spettatori. Diretta da Gary Ross e interpretata dall'attrice emergente più popolare ora in America, Jennifer Lawrence, con attori del calibro di Donald Southerland, Stanleuy Tucci e Woody Harrelson (compreso Lenny Kravitz nel ruolo del mentore), la pellicola è costata 78 milioni di dollari. Il primo libro della saga, «Hunger Games», ha venduto 36 milioni di copie in America e raccolto consensi entusiastici di tanti scrittori, tra cui Stephanie Meyer, autrice di «Twilight» che ha scritto sul suo blog: «La storia mi ha tenuta sveglia per diverse notti di seguito e anche dopo aver terminato di leggere, sono rimasta sveglia sdraiata sul letto a riflettere». E ancora: «Non solo "Catching fire" (il secondo libro) è all'altezza delle mie aspettative: le supera. È appassionante come "Hunger Games", ma ancora più lacerante, perché conosci già i personaggi e hai già sofferto con loro». «Hunger Games» si svolge in un futuro post-apocalittico e, sulle ceneri del Nord America, sorge Panem, regno costituito da 12 distretti governati da Capitol City dove, ogni anno, si svolgono gli Hunger Games (giochi da fame). Si tratta di un tributo che i distretti devono pagare per una vecchia rivolta nei confronti del governo centrale. Un ragazzo e una ragazza, tra i 12 e i 18 anni, vengono scelti nella cerimonia della "mietitura" in ogni singolo distretto e, offerti come "tributi" in un gioco mortale dove a vincere sarà solo uno di loro. Oltre ad essere il solo sopravvissuto, il vincitore avrà anche ricchezza e fama. Dal distretto 12, quello dei minatori, il più povero e quello che dà maggior ricchezza al governo centrale, arrivano due ragazzi, una 16ennne ribelle e selvaggia che si offre volontaria dopo che il caso aveva selezionato la sorella, e un giovane da sempre segretamente innamorato di lei. La protagonista è Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence), una ragazza che nel suo distretto badava alla famiglia, perché il padre era morto e la madre troppo debole. A far discutere sono soprattutto la violenza (che spesso sconfina in gratuito sadismo) e il cinismo di alcuni adolescenti e degli adulti. I risultati eccezionali del film ai botteghini di mezzo mondo accelerano i tempi per i sequel, tratti dagli altri due libri della serie: dopo «Hunger Games» arriverà «Catching Fire» («La ragazza di fuoco») e «Mockingjay» («Il canto della rivolta»), episodio finale che potrebbe essere diviso in due film separati, come per la saga di Harry Potter e quella di Twilight. Intanto, dopo il rifiuto di Gary Ross di dirigere «Catching Fire», già si sussurra il nome di un possibile rimpiazzo, quello di Francis Lawrence, regista di «Io sono leggenda», «Constantine» e «Come l'acqua per gli elefanti». Nella storia viene ipotizzato uno scenario orwelliano, drogato di reality show, stavolta così estremi da mettere in palio la vita dei concorrenti, in una società decadente abbagliata da lustrini e icone dell'entertainment imparruccate come i personaggi mozartiani. In un'esistenza che scivola tra drink, lussi e noia, l'unico vero divertimento sono gli «Hunger Games», il panem et circenses rappresentato, anziché dai gladiatori del Colosseo da uno spietato reality televisivo in cui giovanissimi protagonisti, i tributi, sono agnelli sacrificali. I concorrenti scelti da un mondo di povertà assoluta, tra terrore, fatica e duro lavoro, affinché i privilegi dei ricchi vengano salvaguardati, devono sottostare ad un unico slogan: «O muori o uccidi». La tecnologia è un gigantesco occhio che controlla il mondo e inganna tutti in un famelico videogame. Al di là della trovata spettacolare e della storia, che sembra essere la caricatura della società contemporanea così persa nello specchio della tecnologia e di un mondo violento che non risparmia nessuno, il film si rivela spesso come una prevedibile trama che sconfina in una vera e propria carneficina in territori che ricordano l'isola di «Lost». Gli ingredienti sono semplici ma stuzzicanti: una parte della popolazione (quasi tutta) ridotta tacitamente in schiavitù, un epicentro abitato dalla solita casta cui è permesso tutto, tra abusi e depravazioni. Il finale converge in un truce spettacolo che vede scannarsi dei ragazzini, in uno show che allieta una classe la cui fortuna è quella di nascere nella parte "giusta", in realtà la più abietta e dimenticata da Dio.