di Dina D'Isa Dopo l'ultimo film («Io, loro e Lara»), la regia di Carlo Verdone appare più raffinata: tra maturità e ironia, riflessione e intrattenimento, strizza l'occhio alla grande commedia all'italiana di Monicelli, ma anche a quella int
Manon è un film contro le donne. Piuttosto una denuncia che mira a salvaguardare i figli, le nuove generazioni, troppo spesso oggetto di ricatti tra coppie divorziate. Verdone, lei nel film dice a sua figlia una frase emblematica: «Siamo tutti dei miserabili». Ma c'è una via d'uscita? «Siamo in mano ai giovani, ho piena fiducia in loro e spero che entro un paio d'anni possano avere, anche se in ritardo, ciò che meritano e aspettano. Andando in giro per licei e università, ho notato che i ragazzi sono intelligenti, preparati, ma anche arrabbiati e disperati. Il momento è molto nebuloso e faticano a trovare lavoro. Ma soprattutto chi sono i loro allenatori, le loro figure autorevoli di riferimento? Non lo so e proprio questo mi atterrisce. Certo è che se l'Europa non esce dalla crisi nei prossimi due anni sarà una tragedia e un fallimento, voluto dall'America che vuole tenerci così. Non se ne può più di tutti questi allarmi delle agenzie di rating. Questi "tecnici" che ci sono oggi ci stanno facendo pagare un duro prezzo. Ma come dice il mio fioraio: "A me Monti me piace perché è un politico che nun ride». E credo abbia ragione». Tornando ai padri separati, è colpa delle loro ex se si riducono in povertà? «No, questo non è un film contro le donne. Certo credo ci sia un'eccessiva severità nel centellinare le visite dei padri e questo è umiliante. La mia commedia cerca di ottenere uno scopo: quello di far capire ad ex mariti e mogli che lo scontro si può evitare, a vantaggio dei figli. La mia sfida è stata quella di raccontare in una commedia un tema drammatico, più c'è disagio e più la commedia si esalta: qui c'è dolore, emergenza sociale e guerra tra poveri. Peccato, però, che oggi non si dica più "quant'è bello quel film", ma "quanto ha fatto quel film?". Il cinema non è solo intrattenimento e io ho realizzato una commedia guardando alla realtà, senza mettermi dalla parte di nessuno, padri o madri che siano, ma vedo questi tre padri protagonisti del mio film, con tenerezza e solidarietà. Il mondo occidentale è ormai deragliato, se deragliasse anche la famiglia sarebbe la fine. Quando Pasquale Plastino mi suggerì questo soggetto ne rimasi molto colpito: poi oltre a lui nella sceneggiatura sono intervenuto anche io e Maruska Albertazzi. Il problema vero sono gli uomini dai 32 ai 50 anni: non sono affidabili, non hanno né coraggio, né autorevolezza, è una generazione che ha deciso di non decidere. Le donne avvertono tutto questo, ne soffrono e s'induriscono». Tra tante risate, nel film si riflette molto anche sulla condizione sociale di oggi che vede tutti «drogati di solitudine», perché? «Oggi siamo tutti un po' depressi, c'è chi se ne accorge e chi invece no, ma è così. Abbiamo la nostra scatola magica piena di amici su Twitter o su Facebook, ma se uno pensa che quelli siano davvero amici, beh... siamo alla frutta. Ho visto gente, più che adulta, disperata perché non aveva avuto l'amicizia di quel tale e andava in panico, quasi da cura psicoanalitica». Il cast femminile è molto ricco e convincente, ma su tutte ha scelto Micaela Ramazzotti come sua partner cinematografica: cosa le piace di lei? «Micaela l'ho scoperta io in "Zora la vampira". Poi, è andata avanti da sola e sempre meglio, adesso, da quando sta con Paolo Virzì si è anche toscanizzata, ma io la preferisco romana doc. Ed è stata geniale sul set nel dire quelle battute, nell'interpretare quel ruolo da cardiologa che cura i cuori della gente, più che le cardiopatie in senso stretto. Poi c'è Nicoletta Romanoff, moglie borghese del giornalista Pierfrancesco Favino, dal quale è stata tradita e per questo ha poi deciso di lasciarlo: l'uomo capirà che il suo eccessivo lavoro alla fine gli ha tolto in qualche modo gli affetti più cari, con i quali tenterà la riconciliazione. Nei panni dell'attricetta rampante c'è invece Nadir Caselli che sogna di lavorare con Muccino ed è figlia della cattiva educazione. Ed infine ci sono la mia ex moglie, Diane Fleri e mia figlia (Maria Luisa De Crescenzo) che rimane incinta a 17 anni. Mentre io sopravvivo da ex produttore discografico a gestore di un negozio di vinili». A proposito di musica, nella colonna sonora c'è il ritorno degli Stadio nei suoi film... «La colonna sonora è una vera chicca, composta da Fabio Liberatori e una sua vecchia conoscenza, il leader degli Stadio Gaetano Curreri. Dentro ci sono pezzi dei Doors, Scott Walker, The Walker Brothers, amati sia dal mio personaggio sia da me. Il lavoro della colonna sonora è costato 150 mila euro e pensare che anni fa per un pezzo di Hendrix avevo speso solo 4 milioni di vecchie lire». In quali zone di Roma ha girato il film? «Ho ricostruito Testaccio, via dei Volsci e un po' di Prati negli studi di Cinecittà. Girare a Roma è sempre più difficile: è una città rumorosa che non ha alcun rispetto per il cinema, tra elicotteri, sirene, insofferenza dei cittadini. È un vero peccato».