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di Lidia Lombardi Era l'8 febbraio del 1875 e al ballo di Carnevale in Palazzo Caetani fu invitato anche il conte Giuseppe Primoli, raffinato dandy come il fratello Luigi, mezzo romano e mezzo francese, vista la discendenza da Napoleone (era

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Ele dedicò una cronaca mondana nel suo Journal, accompagnandola da una carrellata di foto. In una Margherita di Savoia ostenta il costume di Margherita di Francia, in un'altra Umberto quello dell'antenato Emanuele Filiberto. E Primoli si pavoneggia nella maschera rinascimentale di Francesco I di Valois. L'album è testimonianza di come si vivesse tra ricevimenti, passeggiate a cavallo, serata a teatro e all'opera nella Roma fin de siècle. Proiettata al fasto e alla mondanità internazionale con l'arrivo dei sovrani piemontesi. Giuseppe, più del fratello Luigi morto prematuramente, è il perno di questa città frenetica e colta. E quante feste e notti blasonate ospiterà nella sua dimora, abbellita dai mobili e dagli oggetti ereditati, attraverso le care zie Bonaparte Eugenia e Matilde, dall'imperatore dei francesi e dalla sua famiglia. La dimora è il palazzetto ad angolo tra via Zanardelli e il Lungotevere - con alle spalle l'aria medievale di via dell'Orso e di fronte i platani che sussurrano sul fiume. Raccoglie nei tre piani affascinanti cimeli. È Museo Napoleonico al piano terra, sede della Fondazione Primoli al primo piano (oggetti, libri, foto appartenuti a Giuseppe e al fratello) mentre al secondo ospita un'altra raccolta strabiliante - mobili, lampade, oggetti rari e curiosi, ma soprattutto cose dell'anima, da tenere come Lari negli angoli più cari della casa - appartenuta a quell'insigne inglesista nonché curioso del mondo che fu Mario Praz. L'eclettismo del contenuto del palazzetto si specchia nel suo aspetto esterno. In principio è un edificio rinascimentale dei nobili Gottifredi, con pittoresco ingresso in piazza dell'Orso. Passa in proprietà ai Primoli nel 1820. E quando Giuseppe ne diventa unico padrone (il fratello Luigi abita in via Sallustiana e morendo decide di donare le collezioni al Comune di Roma, come poi vorrà fare anche Giuseppe) i Muraglioni in costruzione sul Tevere favoriscono la modifica dell'edificio. All'impianto antico e settecentesco (le maioliche, i soffitti affrescati) aggiunge la loggia neorinascimentale a serliana, deliziosa nell'uso dei tondi in marmo rosato e verde, inventati dall'architetto Raffaele Ojetti. È il "logo" del palazzetto, insieme con l'atrio chiuso dalla trina della cancellata e alle due grandi sale col marmo a scacchi, che don Gegé aggiunse e mobiliò con le poltrone cremisi dalla spalliera bassa, per far arrivare il tepore del camino, come spiega Giulia Gorgone che mirabilmente dirige il Museo Napoleonico. In queste stanze Giuseppe si fa primo salonier, attitudine tipica delle signore. Ed è squisito ospite di D'Annunzio, della Serao e della Duse, di intellettuali d'oltralpe. In un interno di famiglia. Napoleonica e capitolina.

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