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di Antonio Angeli Ma Zeus ha i baffi o no? Per Tarsem Singh, regista di «Immortals» non c'è dubbio: il padre degli dei ha dei baffetti, un accenno di pizzetto e, nonostante gli eoni che gli pesano sulle spalle, l'aspetto simpatico di un trentenne d

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Cisono Zeus, Atena, Poseidone, Teseo con l'inevitabile Minotauro... Costato 115 milioni di dollari (ottanta e più milioni di euro), il «filmone» ha come protagonista Mickey Rourke nella corazza del cattivissimo re Iperione. Con il suo esercito di folli, esaltati, sanguinari in stile «Non aprite quella porta» arriva in Grecia dove, a caccia di un arco fatato, tortura e uccide tutti quelli che gli capitano a tiro. I villaggi diventano cenere al passaggio delle sue legioni e ogni vittoria lo porta un passo avanti verso il suo vero obiettivo: con l'arco liberare i terribili Titani, imprigionati da Zeus sotto il monte Tartaro, per sfidare il potere dell'Olimpo e diventare padrone (ma che fissazione) dell'Universo. Come accade nelle favole (perché di favola si tratta, anche se non per bambini), un semplice uomo di nome Teseo (con il viso del giovane Henry Cavill) si opporrà allo strapotere delle armate di Iperione. Il re sanguinario nelle sue scorrerie uccide la madre di Teseo e il giovanotto, svelto con la spada e il giavellotto, giura di vendicarla. Lo aiuterà la bellissima Fedra (Freida Pinto), sibilla e sacerdotessa con il potere di vedere il futuro. Con il suo aiuto Teseo mette assieme una specie di armata Brancaleone per sfidare l'esercito invasore. A vederla così Teseo e la sua banda di guitti (la veggente, un ladro, un monaco senza lingua...) hanno le ore contate. Ma dietro di loro c'è l'intero Olimpo, Zeus in testa, pronto a scendere in campo. Sembra che il regista Singh, prima di mettersi dietro la macchina da presa, si sia procurato tutte le immagini che poteva degli antichi dei. È arrivato al primo incontro con i produttori con una borsa piena di riproduzioni di dipinti dei musei per parlare della «sua» visione degli dei dell'Olimpo. «Desideravo che gli dei fossero tutti giovani - ha detto il regista - la saggezza è collegata all'età, tanto che i pittori del Rinascimento davano agli dei l'aspetto di persone anziane, ma anche un corpo perfetto. In una pellicola non è possibile fare una cosa del genere, se non creando tutti i personaggi col digitale. La mia idea è che, se sei una divinità, non c'è ragione di sembrare vecchio. Se mi trovassi sul Monte Olimpo e potessi avere l'età che desidero, non vorrei certo questa barba bianca». E così l'Olimpo di Singh è pieno di ragazzi in stile Twilight. Comunque il carattere della mitologia classica resta ed emerge. La figura di Teseo, mitico re di Atene, padre della giustizia e dell'indipendenza, mantiene i suoi caratteri originari. E questa è la forza del film: sfruttare la mitologia classica che, ogni volta che è stata «esportata» in libri, fumetti e film ha sempre funzionato. È vero che gli dei dell'Olimpo sembrano tutti un po' Spider-Man, saltano da una roccia all'altra tirando colpi in stile kung-fu. È pure vero che il Minotauro brandisce una mannaia in stile «Saw». Non solo. Il cattivissimo re Iperione, quando si tratta di menare le mani, torna il Mickey Rourke lottatore di «The Wrestler» e sfoggia mosse complesse e scenografiche. Ma il fascino degli dei dell'Olimpo resta intatto. Il mito (e non solo quello classico greco e romano), è radicato nel dna delle persone, così per scrivere un romanzo, o una scenografia, basta pescare nel bacino infinito della mitologia. Senza snaturare troppo i personaggi. I buoni restano buoni, i cattivi cattivi e non importa se i Titani sono imprigionati sotto una cupola identica a quella del nostro Pantheon. Quando i produttori Gianni Nunnari e Mark Canton hanno incontrato Charles e Vlas Parlapanides, i fratelli greco-americani che hanno scritto la sceneggiatura di «Immortals», hanno capito subito di avere tra le mani una storia «speciale». Spiega Nunnari: «Ci è piaciuta molto la sceneggiatura, ma non sapevamo se eravamo pronti a lavorare su un'altra storia epica». Le loro riserve dipendevano dal fatto di aver terminato da poco il rivoluzionario blockbuster d'azione d'epoca (cosi lo chiamano) «300». Tra le curiosità di questo film, quella che ha rivelato Tucker Tooley della Relativity Media, uno dei produttori responsabili: il fatto che il regista ha proposto di basare le immagini del film sui quadri di «Caravaggio che lavorava con una tavolozza di colori saturi, luci drammatiche, movimenti dinamici ed emozioni estreme nei suoi dipinti». Il risultato finale? Un kolossal che segue le orme di «300», di «Troy» (al quale il titolo non fu tradotto perché a qualcuno sembrava una parolaccia) e prima ancora del «Colosso di Rodi» (lo girò nel '61 un certo Sergio Leone). Una tradizione vincente.

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