di MASSIMILIANO LENZI «Le 0.30 di questa notte, Radio Varsavia si apre con un comunicato allarmante: tutti coloro che turbano l'ordine sociale saranno perseguiti, da ora in poi, con il massimo rigore.
Èla scintilla che probabilmente Jaruzelski attendeva. Il capo del Governo annuncia al Paese che da mezzanotte è in vigore lo stato d'assedio». È il 13 dicembre del 1981 quando in Polonia va in scena il golpe: la voce di un giovane Enrico Mentana, al Tg1, scandisce in poche parole la notizia. Sarà quello l'ultimo «evento» televisivo di un anno formidabile per la tv, il 1981. Tra le tante vicende, di dolore e di sogni, di potere e di morte, di cronaca e di storia, di musica e di sport che il piccolo schermo ha raccontato dalla sua nascita ad oggi quel 1981 per eventi narrati - attentati in diretta, nozze da fiaba che poi si sono rivelate tutt'altro, tragedie e lieto fine mancati - incarna il periodo che segnerà la definitiva consacrazione del predominio televisivo sugli altri media. Per velocità, ovviamente, ma anche perché il linguaggio tv - le immagini in tempo reale unite al commento audio ed al real audio di quel che si vede - diventa l'alfabeto principale per la conoscenza degli italiani. Prima di entrare nel rewind di quella tv di trent'anni fa, mettiamo in fila i principali eventi di quel 1981 raccontati dalla televisione: maggio: attentato a Papa Giovanni Paolo II; giugno, la tragedia di Vermicino; luglio, le nozze di Carlo e Diana; ottobre, l'attentato a Sadat (che morirà poche ore dopo); dicembre, il colpo di Stato in Polonia. In mezzo a questi accadimenti la televisione del 1981 vedrà anche il battesimo di due novità, destinate a crescere nell'immaginario del pubblico: la nascita di Mtv (in agosto), la music television che per il suo debutto sceglierà, come clip, una parodia dello sbarco dell'uomo sulla luna ed il Mundialito per club (in giugno) organizzato e trasmesso da una tv commerciale, Canale 5, di Silvio Berlusconi e vinto dall'Inter di Evaristo Beccalossi ed Alessandro Altobelli. In principio fu l'attentato al Papa, il 13 maggio 1981. Giovanni Paolo II si trova sulla sua jeep bianca in Piazza San Pietro, a Roma, per l'udienza papale. Saluta la folla di fedeli ma d'improvviso - bang, bang, bang - si odono dei colpi di pistola ed il Papa si accascia. A sparare è la mano di Ali Agca. Il Pontefice è ferito e la jeep bianca corre dentro il Vaticano. La televisione si trova lì, in quella piazza, e documenterà con le proprie immagini la storia in diretta. Neppure un mese dopo l'attentato al Papa, un altro evento arriverà a scuotere milioni di italiani: è il 10 giugno quando nei pressi di Vermicino il piccolo Alfredo Rampi, 6 anni, cade dentro un pozzo artesiano. La sua vicenda si rivelerà la diretta più lunga e più seguita della storia della tv con oltre 18 ore consecutive e una media di circa 30 milioni di spettatori. La Rai, che aveva tre palinsesti, li «sconvolse - come ha ricordato Giancarlo Santalmassi, all'epoca conduttore del Tg2 in un'intervista per La storia siamo noi di Giovanni Minoli - consentendo che lo stesso programma andasse in onda su tutte e tre le reti». «Perché - si chiede ancora oggi Santalmassi - un'azienda che ha tre reti solo in quell'occasione sconvolse tutti i suoi palinsesti?». Emilio Fede (all'epoca direttore del Tg1) in un'intervista di un po' di tempo fa a La Stampa, ricordando quella tragedia e il modo in cui la televisione l'ha raccontata, spiegava: «L'idea, mia, era raccontare in diretta il salvataggio di un bambino. Si trasformò in tragedia ma l'intuizione giornalistica rimane». Doveva avere il lieto fine la tragedia di Vermicino e non lo ebbe: in pellegrinaggio al pozzo, mentre milioni di italiani sono inchiodati al video, si recherà un caravanserraglio di gente. Arriverà a Vermicino pure il presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Per quella diretta fiume c'è chi ha parlato di primo reality nella storia della televisione, chi - come Walter Veltroni, di «inizio del buio», cercando una definizione per il dolore e per la morte. Già, la morte: se nell'attentato al Papa la cerimonia televisiva, incidentata, si era comunque conclusa con Giovanni Paolo II salvato stavolta la morte entrava dentro la tv, senza un lieto fine. Non l'avrà il finale sognato neppure un matrimonio, quello tra Carlo e Diana, celebrato il 29 luglio anche se la cerimonia, quella non uscirà dai binari del previsto. È la voce di Enrico Mentana (pure stavolta) a farne il racconto, per Rai1. «Nella cattedrale di San Paolo sono assiepati 2.650 ospiti di riguardo della Corona di Inghilterra. È l'arcivescovo di Canterbury, Robert Runcie, a pronunziare le parole che legheranno per la vita Carlo e Diana». Finito la cerimonia le immagini della tv vanno sulla coppia che esce dalla Chiesa e sale in carrozza. «C'è qualche difficoltà - commenta Mentana - per il lunghissimo strascico dell'abito di Lady Diana. Un abito che è rimasto misterioso e nascosto fino a questa mattina». In quell'anno della televisione regina, dopo la tragedia di Alfredino, il piccolo schermo racconterà un'altra morte, l'assassinio del presidente egiziano Sadat. Il 6 ottobre del 1981 Alberto Michelini, conduttore del Tg1, attacca così il telegiornale: «Il presidente egiziano Sadat è morto. L'annuncio ufficiale è stato dato questo pomeriggio, il rais non è sopravvissuto alle ferite che ha riportato dopo l'attentato di questa mattina alle ore 13. Ma mentre entravo in regia stavano arrivando dal Cairo le prime immagini dell'attentato. Sadat stava assistendo alla parata militare...». Sul video scorrono le immagini e, rattatata, ratatatata, si odono i colpi di mitra: ancora una volta la televisione è testimone della storia, come lo era stata per l'attentato al Papa e, sempre in quel 1981, per l'attentato a Ronald Reagan. Era marzo, quando all'uscita di un hotel di Washington il neopresidente (da 70 giorni) degli Stati Uniti, rimase vittima di alcuni colpi di rivoltella sparatigli contro dal suo attentatore, John Hinckley, uno psicopatico che voleva attirare l'attenzione del suo idolo, l'attrice Jodie Foster. Reagan si salverà e governerà gli Usa per un decennio. Abbiamo cominciato con un golpe e - prima di parlare di Mtv e del Mundialito - finiamo con un altro colpo di Stato. 23 febbraio 1981, Spagna: un operatore della televisione spagnola TVE riesce a filmare il tentativo di golpe del colonnello Tejero. Riviste a distanza di anni, quelle immagini, fanno balzare alla mente, per alcune sequenze, un film italiano di Mario Monicelli, del 1973, Vogliamo i colonnelli, racconto cinematografico su tentativi di golpe all'italiana. Vero e verosimile, real e reality, è il confine binario e ambiguo delle immagini. Tra un golpe e l'altro, tra una tragedia ed un matrimonio, tra un attentato e un assassinio, arriviamo infine a Mtv ed al Mundialito di Canale 5. La prima, lanciata il 1 agosto del 1981, trasmetterà come primo video musicale Video Killed the Radio Star dei Buggles ma, quel che più conta, segnerà una rivoluzione di linguaggio e di tv. Il pubblico giovane, infatti, rabdomante per i cambiamenti, per le mode, per le nuove tendenze si identificherà e connoterà il carattere di una rete che segna il passaggio della musica da un media all'altro: dopo la radio, spazio alla televisione. Una rivoluzione - a modo suo - si rivelerà pure l'esperimento di Canale 5 e del Mundialito. Un evento, questo, creato ad hoc per la tv, il tentativo della televisione commerciale di darsi eventi festivi, dove il festivo equivale - nel linguaggio dei media - al grande accadimento, all'avvenimento eccezionale. Di eccezionale, in quel Mundialito per club a cui parteciparono soltanto le squadre vincitrici almeno una volta della Coppa Intercontinentale, ci furono soprattutto le performance sul campo di Evaristo Beccalossi, uno di Brescia che fece impazzire i brasiliani.