di DINA D'ISA Dai tempi del primo «Tron» (28 anni fa) nel cyberspazio c'è stata una grande rivoluzione, sebbene il «Tron» del 1982 fosse un film di azione e fantasia con il merito di aver aperto il filone cyberpunk e senza il quale non ci sarebbe s
Allora,si raccontava un mondo che pochi conoscevano, dominato da programmi informatici, codici, sistemi di controllo software, hardware e periferiche. Ora, «Tron: Legacy», realizzato con 250 milioni di dollari e diretto dall'esordiente Joseph Kosinski in 3d (effetto che appare solo quando si cambia mondo, come accade con il colore ne «Il mago di Oz»), trasporta lo spettatore in un universo violento, cyberdark, offrendo un'esperienza emotiva, tecnologica e visiva difficile da dimenticare. La tecnologia nell'ultimo decennio non è più lontana e contrapposta alla cultura umanistica, ma è capace di comprenderla esaltarla e liberarla dalla schiavitù della materia. La trama riparte dal vecchio Kevin Flynn (Jeff Bridges), programmatore hacker, creatore di diversi giochi di successo, di cui si è appropriato un suo nemico senza riconoscere la paternità di Flynn e facendo disperdere le sue tracce. Il figlio di Kevin (Beau Garrett), cercando il padre, finisce nell'agghiacciante mondo del computer dove è stato eliminato l'elemento umano. I due Flynn (padre e figlio) dovranno uscirne fuori e portare con loro gli "algoritmi isomorfici", sorta di anomalie comparse nel periodo in cui Flynn-padre cercava di creare un mondo migliore. Questi algoritmi (che, come quasi tutto nel mondo interno del computer, hanno forma umana) sono alla base della rinascita e sono descritti come divinità del pianeta digitale: «Abbiamo creato per millenni dei e mitologie e non sapevamo che era qui che dovevamo cercare», dice Jeff Bridges nel descriverle. Ma al di là della trama, si evidenzia soprattutto come la tecnologia sia entrata nella nostra vita, quanto fosse prima temuta e oggi rivisitata in una sua nuova componente umanistica. Prima le macchine erano nemiche, capeggiate dall'MCP, unità di calcolo centrale raffigurata come un dittatore e un mostro. Oggi, in «Tron: Legacy», il nemico è sempre un programma, ma la novità sta nel fatto che si nega uno dei presupposti centrali della fantascienza, ovvero la figura negativa delle macchine. La tecnologia meccanica e digitale è stata lontana dalle persone comuni, per questo non era conosciuta, ma temuta. La presenza nel mondo digitale della salvezza dello spirito dalla dittatura della materia è però il segno di quella rivoluzione che rappresenta al cinema il mutato rapporto della società con la tecnologia. Rispetto ad anni fa, la tecnologia è oggi strumento di ogni giorno e di ognuno, non è minaccia per la cultura umanistica, ma nuovo veicolo di conoscenza, libertà e spiritualità.