Mario Bernardi Guardi L'avessimo avuto un libriccino così elegante, così prezioso, così raffinatamente rilegato, quando, adolescenti, giocavamo a fare i "maudit" ed eravamo affascinati da Baudelaire e dai suoi "Fiori del male"! Bè, allora un volumetto c
Nondiciamo immacolati, perché il cuore di Charles è una vasta macchia nera, e lui ne è ben consapevole. La sua sfida e la sua poesia abitano in questa dolorosa coscienza: siamo "nel" male, siamo "il" male, il "mal di vivere" è condizione e norma, ma il dolore ci riscatta, la bellezza della poesia addolcisce i torpori morali e fa dimenticare le turpitudini, lo sprezzo aristocratico, l'autarchia "dandy", l'eros delibato come "oro filosofale" consentono di stabilire una sovrana distanza tra noi, inquieti e privilegiati, e il miserando "umano, troppo umano" di plebei e borghesi. E poi c'è il sogno... Charles Baudelaire, "I fiori del male", di Davide Rondoni, postfazione di Andreina Sirena (Salerno, pag. 520)