di MARISA MARRAFFINO Diffamazione aggravata La bidella presa in giro dagli scolari Non è mai ?lecito? usare una foto altrui senza l'autorizzazione del diretto interessato, a stretto rigore, nemmeno se si tratta di un amico.

L'amicopotrebbe sentirsi imbarazzato a vedere pubblicata quella foto fuori dal contesto in cui è stata scattata. Questi comportamenti possono ledere la reputazione del soggetto ritratto e dar luogo al reato di diffamazione aggravato dal “mezzo di pubblicità” utilizzato. Nel caso del racconto, Paola e Giulia hanno commesso due diverse condotte che potrebbero dar luogo a due diverse ipotesi di diffamazione. La prima ai danni del cantante Pedro che potrebbe sentirsi offeso dalle frasi scritte dalle due ragazze (ad esempio le espressioni banali scritte sul suo status, che potrebbero ridicolizzare l'immagine del cantante e pertanto ledere la sua reputazione); la seconda ai danni della bidella Maria. In entrambi i casi emerge una violazione del diritto alla reputazione che pare opportuno chiarire. Per reputazione la giurisprudenza ormai costante ritiene quell'opinione o stima di cui l'individuo gode in seno alla società. A maggior ragione nel caso in cui le offese, anche indirette, siano rivolte a un personaggio pubblico, la lesione della sua reputazione appare ancora di più facile e di immediata realizzazione. A nulla varrà obiettare che le offese non sono dirette: per i tribunali anche le espressioni non vere oppure quelle meramente insinuanti sono idonee a ledere o mettere in pericolo la reputazione dei terzi. Pertanto, le leggerezze di chi utilizza i social network per scherzo o per divertimento, potrebbero facilmente finire nel mirino dei giudici. Obbligo di fedeltà Se la moglie entra nei segreti del marito I social network e le chat stanno entrando sempre più nei fascicoli dei tribunali italiani anche nei casi di separazione tra coniugi. Non sempre, però, le informazioni e le comunicazioni acquisite possono essere prodotte come prove documentali. Quando i contenuti sono acquisiti o intercettati illecitamente, le informazioni non potranno essere considerate ammissibili, con la conseguenza della loro inutilizzabilità in sede giudiziaria. Nel racconto in esame (un uomo avvia una relazione extraconiugale tramite Facebook) le condotte che vengono in rilievo sono fondamentalmente quattro: 1) in primo luogo la moglie forza la password per accedere al computer fisso attraverso l'account del marito; 2) entra nel profilo di facebook attraverso la chiave di Giovanni, riuscendo a forzarla, quindi senza autorizzazione; 3) intercetta le conversazioni di Silvana e Giovanni e non spegne il pc ma risponde a Silvana fingendosi il marito; 4) accende il portatile di Giovanni e accede alla sua posta privata e di nuovo al suo profilo facebook. D'altro canto, però, Giovanni ha tenuto dei comportamenti che si pongono in contrasto con i doveri coniugali, in particolare con l'obbligo di fedeltà che rientra nel novero dei precetti previsti dall'art. 143 del codice civile. Giovanni, infatti, intrattiene una relazione, non solo virtuale, con Silvana, pernottando con lei anche nella medesima stanza di albergo. Sono tutti episodi che devono essere trattati separatamente e che rilevano, su diversi livelli, nell'ambito di una separazione tra coniugi. Licenziamenti Non usare Facebook in ufficio Gli episodi che vedono protagonista una impiegata, Serena, mettono in luce anche i comportamenti che il dipendente deve tenere durante un permesso per malattia. Alcune condotte possono, infatti, costituire oggetto di richiami o anche di provvedimenti disciplinari più gravi. In Inghilterra una lavoratrice è stata licenziata perché su facebook aveva definito noioso il proprio lavoro: un caso del genere non si sarebbe potuto verificare in Italia, in cui il diritto di critica è consentito anche nei confronti del proprio capo, a meno che non sia sproporzionato ed eccedente i limiti della continenza. Attenzione però al ruolo ricoperto in azienda: se a criticare è un dirigente, la potenzialità lesiva delle offese per l'impresa potrebbe essere maggiore e allora la sanzione disciplinare sarebbe giustificata. Sempre oltre i nostri confini, in Svizzera, una Compagnia di Assicurazioni, la Nationale Suisse, ha licenziato una sua dipendente che aveva usato facebook durante un permesso per malattia. Per la nostra normativa, una sanzione del genere parrebbe eccessiva, anche se un richiamo disciplinare potrebbe trovare ragion d'essere anche nel nostro paese. Meglio allora usare le dovute accortezze durante il lavoro e non rischiare il posto per una leggerezza che potrebbe costare davvero cara.