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di GABRIELE ANTONUCCI In questi giorni Roma, oltre ad essere la capitale del cinema, sarà anche la capitale della musica internazionale, con i concerti di Prince e di Lenny Kravitz, due delle stelle più luminose del firmamento della black music.

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Unasintesi sorprendente tra categorie musicali apparentemente assai diverse che, grazie a loro, è diventato ormai un genere ben codificato e riconoscibile, anche se in continua evoluzione e ancora aperto a nuove influenze. Molto attesa, in particolare, l'esibizione di Prince stasera al Palalottomatica, a venti anni di distanza dall'ultimo suo concerto nella capitale. Il «genio di Minneapolis» è stato protagonista, negli anni Ottanta, di un vero e proprio «derby» musicale con Michael Jackson, dividendo in due, come solo i grandi riescono a fare, i loro fan. Anche se numericamente il confronto è improponibile, visto che Jackson solo con «Thriller» ha venduto 104 milioni di album, Prince ha dalla sua una impareggiabile genialità compositiva e una straordinaria tecnica come polistrumentista, mentre per il ballo e l'impatto emotivo delle canzoni la bilancia pende di nuovo dalla parte del «re del pop» da poco scomparso. Un altro elemento che accomunò i due «pesi massimi» della musica nera di quel periodo fu l'uscita di due film semi-autobiografici, ma mentre «Moonwalker» non fa onore alle qualità artistiche di Michael Jackson, molto più convincente risultò «Purple Rain», anche se girato con risorse ridotte dallo sconosciuto regista Albert Magnoli. La pellicola racconta le vicende di Kid, alter ego di Prince, tra tormentate vicende familiari, l'amore per la sua ragazza e le difficoltà nel farsi strada nello show business. Il film incassò oltre cento milioni di dollari e la colonna sonora, nella quale spiccano le splendide «When doves cry» e la title track «Purple Rain», vinse persino un meritato Oscar. Il disco rimase per 21 settimane consecutive al primo posto nelle classifiche americane, un record battuto soltanto da, neanche a dirlo, Michael Jackson, che con «Thriller» rimase sul podio più alto delle chart per ben 28 settimane. Il fortunato connubio tra musica e cinema si è ripetuto anche nel 1989 con la colonna sonora del «Batman» gotico di Tim Burton, anche se artisticamente il risultato è molto lontano rispetto al capolavoro «Purple Rain». L'eccentricità di Prince, nome d'arte di Roger Nelson, ha dato luogo a una lunga controversia negli anni Novanta tra l'artista e la sua ex casa discografica, la Warner Bros. La major non voleva assecondarlo nella sua iperproduttività, con un album pubblicato all'anno, così Prince, per protesta, si fece chiamare «Symbol», un simbolo grafico indicante l'unione tra il maschile e il femminile, o «Tafkap», acronimo inglese per «The artist known as Prince» («L'artista precedentemente conosciuto come Prince»). L'artista si esibisce nei concerti con la scritta «slave»(«schiavo») disegnata sulla guancia, per sottolineare la sua insofferenza alle regole di marketing dell'industria discografica. Tra i suoi «capricci» più famosi ricordiamo, nel 1997, quello di vendere solo on-line il triplo album «Crystal Ball» e, ancora più clamoroso, quello del 2007, quando «Planet Earth» fu pubblicato solo come allegato gratuito di una rivista inglese, un'iniziativa che fece scendere sul piede di guerra i mediastore della Gran Bretagna. Stasera Prince, che dal 2000 si è riappropriato del suo soprannome «storico», presenterà i nuovi brani del recente «20Ten» accompagnato dalla fedele percussionista e cantante Sheila E e dal tastierista Morris Hayes. In scaletta non mancheranno, naturalmente, i brani più amati dal pubblico come «Kiss», «1999», «Sing o' the times», «Little Red Corvette», «Raspberry beret», «America» e «Around the world in a day», solo per citarne alcuni. Il concerto di Lenny Kravitz di domani al Salone delle Fontane è in favore di «The Bulgari Express for Save the Children», con lo scopo di raccogliere fondi per garantire l'accesso a un'istruzione di qualità anche ai bambini delle aree più povere del pianeta. Nato dal produttore ebreo della NBC Sy Kravitz e dall'attrice di colore Roxie Roker, la Helen del famosissimo serial «I Jefferson», Kravitz sembra destinato alla contaminazione fin dall'infanzia. Grazie anche a una formazione musicale eclettica, che spazia dal jazz, al funky e al blues, il cantante si mette subito in evidenza, fin dall'album di esordio «Let love rule» del 1989, per la sua fresca originalità di compositore e di chitarrista, che lo renderà una delle figure chiave della musica degli anni Novanta. Tutta la sua carriera è costellata di brani di successo molto diversi tra di loro, tra ballad sognanti come «Stand by my woman» e «Heaven help», il rock tiratissimo di «Are you gonna go my way» e «Rock and roll is dead», il morbido funky di «It ain't over till it's over» e di «I belong to you». Tra le sue numerose collaborazioni ricordiamo quelle con Madonna, Aereosmith, Alicia Keys, Jay-Z, Nelly e Michael Jackson, del quale a breve uscirà una canzone inedita, «Another day», nel prossimo album di Kravitz.

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