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Starmer e Macron: attenti a quei due. L'analisi di Tricarico

La loro ostinata propensione a coinvolgere amici e alleati in iniziative comuni

Leonardo Tricarico
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Attenti a quei due verrebbe da commentare -o meglio, da consigliare- di fronte all’attivismo di questi giorni di Emanuel Macron e Keir Starmer e alla loro ostinata propensione a coinvolgere amici e alleati in iniziative comuni. Sono passati molti anni da quel marzo 2011, quando Francia, e a seguire Gran Bretagna, attaccarono la Libia, percependo la risoluzione ONU che legittimava l’intervento armato, come la pistola dello starter in una competizione sportiva. In quell’occasione fummo colti anche noi di sorpresa e pagammo il prezzo più alto per non aver saputo frenare la precipitosità francese e ponderare maggiormente il seguito da dare alla decisione comune di fermare con le armi il dittatore libico. Ora in qualche maniera ci risiamo.

Dopo tre anni finalmente qualcuno avvia un processo negoziale in Ucraina, che si preannuncia lungo, denso di insidie ed esposto a possibili inceppamenti. Un processo che andrebbe accompagnato, assecondato e rafforzato nei suoi punti deboli che un giorno o l’altro emergeranno. Invece i nostri due ineffabili capi di governo, dopo aver tentato nei tre anni passati di ritagliarsi un ruolo nella gestione del conflitto in maniera maldestra e controproducente, ora pretenderebbero di disegnare una futura cornice di sicurezza e di tenuta degli accordi negoziali, ancora lontani, tutt’altro che certi e di indefinito disegno. Un atteggiamento inconcepibile quello di Macron e Starmer perché, da che mondo è mondo, le condizioni per il rispetto degli accordi fanno parte del negoziato stesso, vengono concordate dalle parti in causa e non sempre sono di agevole e condivisa scrittura. Inoltre, ancor più logico -e per questo ormai scontato nei rituali diplomatici- le parti in causa hanno pieno diritto ad esprimere il proprio gradimento sui contingenti militari che integreranno le forze e sulla loro nazionalità.

Che senso ha allora che l’iniziativa, quanto meno prematura, di pianificare il mantenimento di un accordo venga addirittura guidata dal paese di gran lunga più ostile da sempre ad una delle due parti in causa? Il sospetto che, per qualche motivo, si voglia gettare sabbia negli ingranaggi di una macchina partita a fatica è forte. È pur vero che Francia, e auspicabilmente Gran Bretagna, sono due paesi che dovranno farsi carico di un ruolo trainante nell’auspicato percorso costituente di un’identità europea di sicurezza e difesa, e che pertanto con loro sopratutto occorrerà operare gomito a gomito negli anni a venire. E tuttavia, in queste fasi confuse, è necessario che essi vengano richiamati a comportamenti più oculati, magari dietro le quinte, ma con fermezza, considerando che le conseguenze in questo frangente potrebbero essere ben più disastrose rispetto all’insensata corsa a bombardare la Libia nel 2011.
 

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