
Isis, ucciso in Iraq il futuro leader: morto il terrorista Abu Khadija

Era uno dei terroristi più pericolosi al mondo e soprattutto il candidato a diventare a breve il ’numero uno’ dell’Isis. Ma Abdullah Maki Musleh al-Rifai - noto come Abu Khadija - non raggiungerà mai la vetta del gruppo terroristica islamico. Le forze di sicurezza irachene, in una operazione congiunta con la coalizione guidata dagli Stati Uniti che combatte il gruppo dello Stato Islamico, lo hanno infatti eliminato. Il primo ministro dell’Iraq, Mohammed Shia al-Sudani, ha affermato che gli iracheni «continuano le loro vittorie sulle forze dell’oscurità e del terrorismo, poiché gli eroi del Servizio di intelligence nazionale iracheno, con il supporto e il coordinamento del Comando delle operazioni congiunte e delle Forze della coalizione internazionale, sono stati in grado di uccidere uno dei più pericolosi in Iraq e nel mondo».

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Un funzionario della sicurezza ha affermato che l’operazione è stata condotta tramite un attacco aereo nella provincia di Anbar, nell’Iraq occidentale, mentre un secondo funzionario ha affermato che l’operazione ha avuto luogo ieri sera, ma la morte di al-Rifai è stata confermata oggi. Abu Khadija - noto anche come il «vice Califfo» dell’Isis - era una delle figure chiave all’interno dello Stato Islamico, responsabile delle «operazioni esterne» dell’organizzazione terroristica e candidato per diventarne il leader. Nato nel 1991 nel distretto di Balad - nella provincia di Salah ad Din, in Iraq - il super terrorista, che era anche il capo dell’Isis nelle province siriane e irachene, l’8 giugno 2023 era stato designato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti come ’terrorista globale’ e nell’estate del 2023 era stato preso di mira dalle sanzioni statunitensi. Si ritiene che Abu Khadija abbia svolto un ruolo chiave nel coordinamento degli attacchi dell’Isis degli ultimi anni e nel reclutamento di combattenti. Le forze irachene e la coalizione guidata dagli Usa ritengono che la sua morte rappresenti un duro colpo per la leadership e le capacità operative del gruppo in Iraq e Siria e in generale in tutto il mondo.

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L’operazione segna una vittoria significativa nella battaglia in corso in Iraq contro il gruppo estremista, che continua a rappresentare una minaccia per la sicurezza nonostante abbia perso gran parte del suo controllo territoriale. Da mesi i funzionari iracheni avvertono di una possibile rinascita dell’Isis dopo la caduta dell’ex presidente Bashar Assad in Siria. Già a ottobre, le autorità irachene avevano annunciato di aver ucciso nove comandanti dell’Isis, tra cui il leader jihadista più anziano del paese, «il cosiddetto governatore dell’Iraq», Jassim al-Mazrouei. Dopo un’ascesa fulminea al potere nel 2014 in Siria e in Iraq, il gruppo jihadista ha visto il suo autoproclamato «califfato» vacillare sino alla sconfitta prima in Iraq nel 2017 e poi in Siria nel 2019. Tuttavia, le cellule jihadiste rimangono attive nel Paese e continuano ad attaccare sporadicamente l’esercito e la polizia, in particolare nelle aree rurali. Oggi, Baghdad ritiene che le sue forze di sicurezza siano in grado di affrontare la minaccia jihadista. Un accordo negoziato con Washington prevede un ritiro graduale del personale della coalizione internazionale schierato in Iraq per sostenere l’esercito del Paese entro settembre 2025. Quando fu raggiunto l’accordo per porre fine alla missione della coalizione in Iraq, i leader politici iracheni dichiararono che la minaccia rappresentata dall’Isis era sotto controllo e che non avevano più bisogno dell’aiuto di Washington per respingere le cellule rimanenti. Ma la caduta di Assad a dicembre ha portato molti a rivalutare questa posizione.
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