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Usa, si insedia il Congresso. Prima vittoria per Trump, la conferma Johnson

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Alberto Russo
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Nel giorno in cui l’Fbi ha diramato l’allerta attentati, chiedendo alle forze dell’ordine di tutto il paese massima attenzione e di essere pronte a rispondere a possibili nuovi attacchi terroristici modello New Orleans, si è insediato per il nuovo Congresso americano a piena maggioranza repubblicana. La prima vera prova di forza del presidente eletto Donald Trump, che dopo due mesi di fuoco amico incrociato sui pesi di forza interni al partito è riuscito a spuntarla anche alla Camera, confermando alla massima carica di Speaker, Mike Johnson è stato rieletto speaker della Camera dei Rappresentanti. Per scongiurare un inizio della nuova era repubblicana con l’esibizione pubblica di uno scontro interno, lo stesso Trump si era messo al telefono per convincere i deputati della fronda che Johnson fosse l’unico repubblicano in grado di ottenere i 218 voti necessari ad essere eletto e così iniziare subito a lavorare all’agenda legislativa. Al centro di queste trattative vi sono poi concessioni e posti in commissioni chiave che Johnson ha messo a disposizione dei "falchi" in cambio del loro voto in aula. Nessuna sorpresa al Senato invece, con la scelta del leader della nuova maggioranza John Thune, il senatore che ha battuto in Florida il candidato del tycoon.

 

 

La proclamazione ufficiale del Congresso è fissata poi il 6 gennaio, data passata alla storia nel 2020, quando ci fu l’assalto a Capitl Hill. Ironia della sorte, a gestire lo scrutinio sarà la vice presidente in carica, che presiede anche il Senato americano, ovvero Kamala Harris. A lei spetterà il ruolo di proclamare il presidente degli Stati Uniti, ovvero il suo concorrente repubblicano alla Casa Bianca, Donald Trump. E mentre la politica segue il protocollo per arrivare all’insediamento del presidente il 20 gennaio, proseguono le indagini sui fatti di New Orleans e Las Vegas. Dopo i primi collegamenti la Casa Bianca ha escluso legami tra il terrorista americano ed ex soldato Shamsud Din Jabbar, 42 anni, e organizzazioni internazionali, ma l’Fbi continua a cercare nel passato dell’attentatore che, nella notte di Capodanno, ha ucciso nella città della Louisiana quattordici persone e ferito una trentina. Mentre nell’esplosione del cybertruck davanti all’hotel Trump di Las Vegas sono emersi problemi personali di Matthew Livelsberger, 37 anni, il veterano delle forze speciali che si è tolto la vita, sparandosi alla testa dentro l’auto. Nelle ultime quarantotto ore gli investigatori che indagano sulla strage di capodanno a New Orleans hanno setacciato la storia di Jabbar e sentito i familiari, i quali hanno escluso che lui si fosse radicalizzato.

 

 

Secondo quanto riportato dalla rete americana Fox, Jabbar aveva lavorato per la società di consulenza Deloitte, con un stipendio di circa diecimila dollari al mese. In una dichiarazione, la compagnia ha confermato che l’attentatore aveva «lavorato a livello di staff» da quando era stato assunto, nel 2021, e che Deloitte stava facendo tutto il possibile per aiutare le indagini. «Come tutti - ha aggiunto la società - siamo sconvolti da questo atto di violenza ignobile e senza senso». Nonostante il lavoro con Deloitte l’attentatore aveva problemi finanziari. All’avvocato della ex moglie aveva confessato di non avere neanche più i soldi per pagare la casa. «Non posso permettermi di pagare- aveva scritto - sono indietro di 27 mila dollari». Il presidente Biden si recherà a New Orleans lunedì, il giorno della proclamazione del nuovo Congresso americano. In serata poi la conferma della Casa Bianca che sul viaggio di Joe Biden in Italia dal 9 al 12 gennaio. Il presidente Usa partirà per Roma nel pomeriggio di giovedì 9 gennaio, dopo avere partecipato a Washington ai funerali di Stato per l’ex presidente Jimmy Carter, dove sono fissati incontri con Papa Francesco, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni.

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