usa 2024
Trump-Harris, quando sapremo chi ha vinto le presidenziali Usa: i risultati degli stati chiave
Ultimi fuochi d'artificio nella campagna elettorale americana per le presidenziali 2024 che vedono contrapposti la democratica Kamala Haris, vice del presidente uscente Joe Biden, e il repubblicano Donal Trump, già alla Casa Bianca dal 2016 per un mandato. Si vota martedì 5 novembre ma tra preferenze espresse per posta, regole diverse da stato a stato, fusi orari diversi e sondaggi che danno i due candidati molto vicini quando sapremo chi ha vinto? La risposta a questa domanda non è semplice anche se sono molte le ragioni per cui non bisogna aspettarsi una proclamazione rapida del vincitore. Gli Stati Uniti non hanno un sistema di conteggio centralizzato dei voti elettorali come in Italia, dove il Ministero dell’Interno riceve i risultati e poi li comunica. Negli Usa le elezioni sono gestite a livello statale se non addirittura a livello di contea. I voti dei vari seggi vengono contati e passati a una commissione elettorale statale che poi li sigilla e li passa al Congresso, dove in dicembre Senato e Camera riuniti li aprono, li ricontano e li certificano. Poi a gennaio le due Camere in seduta congiunta certificano l’esito alla presenza del Vicepresidente. È una procedura che richiede mesi, quindi chi dirà la notte delle elezioni chi ha vinto le presidenziali?
I DECISION DESK - Per decenni l’onere e l’onore sono stati dell’Associated Press, alla quale negli anni si sono unite altre ’decision desk’ - come vengono chiamate - dalla CNN alla Fox, dalla CBS alla NBC, fino alla ABC. Fox News è considerata uno dei più affidabili perché ha una sua decision desk che è disgiunta dalla gestione pro-Trump dell’emittente. Bisogna comunque tenere a mente che si tratta di una dichiarazione, non di una certificazione. Cosa dobbiamo aspettarci dalla prossima notte elettorale? Bisogna innanzitutto considerare che alle 23 ora di New York, quando in Italia sono le 5 del mattino del giorno dopo, avranno chiuso tutti i seggi. O almeno dovrebbero, perché chi è già in fila ha diritto di votare anche se il seggio chiude. Potrebbe così succedere che in un seggio che avrebbe dovuto chiudere alle 20, alle 22 si stia ancora votando. Se ci fosse la vittoria a valanga di uno dei due candidati, si potrebbe conoscere il risultato già durante la notte. Ma nessuno si aspetta una vittoria a valanga né per Trump né per Harris, quindi uno scenario come quello del 2012, quando la conferma di Obama alla Casa Bianca fu annunciata già alle 23,48 è improbabile ed è più verosimile quello del 2000, quando nella sfida Bush-Gore il risultato si seppe a dicembre, solo quando la Corte Suprema si espresse al termine di una interminabile battaglia a colpi di ricorsi.
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I PRECEDENTI - In quell’occasione fu un pugno di voti in Florida a decidere: nello Stato si stavano ricontando i voti e c’era un vantaggio di soli 547 voti di Bush su Gore. A dicembre la Corte Suprema decise che bisognava smettere di ricontare e sancì la vittoria di Bush. Dal 2020 il metodo elettorale negli Stati Uniti è cambiato e la maggioranza degli elettori oramai preferisce votare per corrispondenza. Nel 2020 c’era la pandemia e l’idea di mettersi in fila in un luogo affollato al chiuso per votare di persona non era gradevole per nessuno. Così il 70% degli elettori preferì votare per corrispondenza. Successivamente il dato è sceso al 50 per cento, ma sembra che questa tendenza sia ormai consolidata. Con quale esito per il risultato? In Stati come la Pennsylvania, il Wisconsin, la Georgia, il Michigan è permesso contare i voti per corrispondenza solo dopo che si è finito di contare i voti espressi di persona. Ecco perchè nelle elezioni del 2020 si verificò quello che fu chiamato «il miraggio rosso» che fece credere che Trump avesse vinto con una grande maggioranza: gli elettori repubblicani avevano preferito votare di persona e quelli democratici per posta così a mano a mano che venivano contati i voti per corrispondenza, Biden accorciava la distanza fino a raggiungere e superare l’avversario.
IL VOTO PER POSTA - È possibile che questo succeda anche in queste elezioni perché la Pennsylvania, che porta in dote 19 voti elettorali ed è considerato uno Stato fondamentale perché un candidato possa vincere, ha 9 milioni di probabili elettori e almeno il 40% di questi ha scelto di votare per corrispondenza. Il che vuol dire che 3 milioni e 600 mila voti dovranno essere contati dopo che si è finito di contare gli altri.
GLI STATI CHIAVE - È chiaro che il risultato della Pennsylvania arriverà tardi, di sicuro non entro le 11 di sera quando chiuderanno tutti i seggi. Lo stesso varrà per gli altri stati chiave come Wisconsin, Michigan e Georgia. A complicare ulteriormente le cose in questa tornata elettorale c’è il fatto che dal 2020 a oggi alcuni stati in bilico, in particolare la Georgia, l’Arizona e il Michigan, hanno riempito le commissioni elettorali - quelle in cui convergono i voti dei vari seggi - di esponenti MAGA, cioè di trumpiani. Le commissioni elettorali hanno il diritto di ordinare l’interruzione della conta dei voti se da uno dei seggi un qualsiasi osservatore riferisce che è stato testimone di brogli. Con il risultato che l’esito da quel seggio non solo non viene comunicato subito, ma probabilmente nemmeno nelle ore o addirittura nei giorni successivi perché una delle parti, che sia repubblicana o democratica, potrebbe contestare la decisione della commissione elettorale e appellarsi a un tribunale amministrativo elettorale o, se nemmeno questa decisione dovesse soddisfarlo, fare ricorso alla Corte Suprema. Ed ecco che la procedura si prolunga per settimane.
QUANDO I RISULTATI? - Se tutto filasse liscio, se gli osservatori in Georgia, Arizona, Michigan non avessero critiche da muovere alla conta dei voti, se la Commissione elettorale non bloccasse nessuna conta di nessun seggio, se ci fosse una valanga di voti per Trump o per Harris, si potrebbe avere il risultato nella notte elettorale. Ma se uno qualsiasi di questi intoppi dovesse scattare, si andrà alle calende greche, perché sono gli stati in bilico quelli che decideranno se veramente uno dei candidati ha la maggioranza elettorale.