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Israele, oltre 100 caccia per attaccare l'Iran. Da Teheran minimizzano le conseguenze

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In molti in Iran hanno reagito minimizzando l’attacco di stanotte portato da Israele in risposta al raid missilistico del primo ottobre. Se il regime ha assicurato che i danni sono stati ridotti, sui social deputati e analisti della Repubblica islamica hanno ’stuzzicato’ lo Stato ebraico, bollando come «debole» la rappresaglia di Tel Aviv, mentre sui social girano appelli per un’operazione ’Vera Promessa 3’, in riferimento al nome in codice dato ai primi due attacchi dell’Iran contro Israele. «Sebbene la montagna degli israeliani abbia dato alla luce un topolino, la violazione della linea rossa dell’Iran e l’invasione del territorio devono essere affrontate a un livello che li dovrà sorprendere» ha commentato su X il parlamentare ultraconservatore di Teheran, Amir-Hossein Sabeti.

 

 

«Sono entrato a Teheran dal’aeroporto Mehrabad pochi minuti fa e ho attraversato diverse strade, non ho visto nulla di insolito. Il nemico sionista (così viene definito Israele dal regime iraniano, ndr) è poca cosa, fa solo rumore ed è troppo debole per danneggiare seriamente il Grande Iran», ha dichiarato il membro della Commissione per la Sicurezza nazionale e la Politica estera del Parlamento iraniano, Ebrahim Rezaei. Per Hesamoddin Ashena, ex consigliere del presidente riformista, Hassan Rohani, lo Stato ebraico sta «giocando con la coda del leone», ma «questo non è la Palestina, né il Libano, l’Iraq o l’Afghanistan. Questo è l’Iran». Alcuni analisti militari ritengono invece che il livello delle difese aeree dell’Iran abbia superato le aspettative. Shahabeddin Tabatabaei, membro del Consiglio per l’informazione del governo iraniano, ha scritto che «l’attacco del falso regime è stato sconfitto dal sistema di difesa aerea integrato del Paese».

 

 

Prima di colpire in Iran, i caccia israeliani hanno attaccato batterie di difesa aerea e radar in Siria e Iraq per evitare di essere intercettati dagli alleati di Teheran. Secondo fonti israeliane citate dal New York Times, solo con «strada libera», gli aerei dello Stato ebraico sono decollati in direzione Repubblica islamica, a oltre 1.600 chilometri di distanza, e hanno colpito obiettivi militari, tra cui sistemi di difesa. Secondo due delle fonti, un’altra ondata di attacchi ha preso di mira strutture che producono missili a lungo raggio, bersagliando un componente critico nel loro processo di produzione, mentre non sono state attaccate infrastrutture energetiche, come gli impianti di produzione di petrolio e gas. Stando al giornale, più di cento aerei da combattimento e droni sono decollati dallo Stato ebraico.

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