Iran, l'incognita dopo l'attacco di Israele è la risposta: cosa vuole fare Teheran? Gli scenari
Nella catena infinita di reazioni e controreazioni che ha segnato lo scenario mediorientale nell’ultimo anno, dopo la ritorsione israeliana stanotte all’attacco missilistico iraniano scatenato dalla precedente ondata di attentati dello Stato ebraico contro gli alleati di Teheran, la domanda che ora resta sul tavolo è quale sarà la prossima mossa della Repubblica islamica. La rappresaglia di Israele ha ristabilito di fatto una deterrenza per entrambi gli attori in gioco o rischia di innescare un’escalation ingestibile? È la domanda che si pongono diversi analisti citati dai principali media americani e israeliani.
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Secondo il Washington Post, Israele ha pianificato l’attacco con l’intenzione di ridurre al minimo le vittime iraniane, consentendo all’Iran di negare danni ingenti e contenere la situazione. In altre parole, è stata una versione su scala maggiore di quanto già fatto ad aprile quando Israele rispose al primo attacco missilistico iraniano con un raid contro la regione centrale del Paese senza fare grossi danni, stando a quanto dichiarò all’epoca Teheran. Inoltre, i caccia israeliani hanno preso di mira installazioni militari ma non il programma nucleare né il petrolio, come da settimane spingeva l’amministrazione Usa. Il regime degli ayatollah avrebbe informato l’acerrimo nemico, tramite un mediatore straniero, che non risponderà all’attacco, ha riferito Sky News Arabia citando delle fonti vicine.
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È un serio dilemma quello in cui si trova Teheran, sottolinea il New York Times: se reagisce, rischia un’ulteriore escalation in un momento in cui la sua economia è in difficoltà, i suoi alleati stanno vacillando, la sua vulnerabilità militare è evidente ed è in gioco la sua successione alla leadership. Se non lo fa, rischia di apparire debole agli occhi degli stessi alleati, così come ai ’falchi’ più aggressivi e potenti in patria. Il richiamo per ristabilire la deterrenza è forte in entrambi Paesi, espressione di quella che l’ex diplomatico Usa Jeremy Shapiro ha definito «virilità geopolitica». Consapevole dell’economia in crisi, delle proteste interne e della posta in gioco potenziale di una ripresa dei colloqui sul nucleare in cambio della revoca delle sanzioni economiche, con gli Stati Uniti in un periodo di incertezza, concentrati sulle imminenti elezioni, non è chiaro quale sarà il calcolo iraniano, anche se la tentazione di riportare lo scontro a una guerra ombra, e non più in campo aperto, sembra forte per entrambi i contendenti. A favore di questa lettura c’è la reazione del regime dopo l’attacco notturno: Teheran ha pubblicamente minimizzato l’effetto dei raid e non ha immediatamente promesso una grave rappresaglia, ribadendo semplicemente il suo diritto a farlo. I sostenitori della linea dura non mancano, né in Iran né in Israele, tra Pasdran ed estrema destra israeliana che cercano di alzare l’asticella, ma bisogna vedere quanto seguito riusciranno a ottenere.