medio oriente

Israele-Iran, partita chiusa? Il generale Tricarico e gli scenari dopo l'attacco

L'attacco di Israele all'Iran in risposta all'offensiva di Teheran è arrivato questa notte, una pioggi adi missili che ha colpito obiettivi militari strategici, ha fatto sapere l'Idf. L'Iran dal canto suo ha annunciato ulteriori risposte, ma cosa dobbiamo aspettarci? La mossa di Tel Aviv mette fine agli scontri diretti con Teheran o ci sarà una nuova accelerazione dell'escalation in Medio Oriente? A rispondere a queste domande è il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare e attuale presidente della Fondazione Icsa.

 «La risposta di Tel Aviv era prevedibile. Va probabilmente dato atto agli Stati Uniti di aver propiziato una robusta potatura alle animosità di Netanyahu di colpire più duramente e più vastamente l’Iran. Inoltre all’interno del gabinetto di guerra israeliano per una volta dovrebbero essersi fatte spazio la saggezza e la misura, non sempre notati nei comportamenti dell’esercito israeliano e del vertice di governo», afferma all’Adnkronos Tricarico commentando l’attacco israeliano all’Iran della notte scorsa.

  

 

«Più che logico poi - prosegue il generale - che Idf rivolgesse le sue attenzioni all’unica capacità militare iraniana in grado di impensierire Israele -quella missilistica- colpendo probabilmente rampe di lancio, radar depositi, apparato industriale per la produzione dei sistemi. E facendo così anche un favore a chi è oggetto sistematico di attacco con missili prodotti in Iran nei vari teatri di crisi, primo tra tutti quelli russo-ucraino. Le prime reazioni dell’Iran tese a minimizzare gli effetti ed i danni dell’attacco israeliano lasciano presumere e sperare che la partita si chiuda qui e che almeno con la ’casa madre' di tutti i gruppi armati ostili a Tel Aviv, si cessi il fuoco».

Ma la tensione resta altissima. «Altri due fronti però restano aperti, uno apparentemente in esaurimento, quello con Hamas, l’altro tutt’altro che calante, quello con Hezbollah, dove l’obiettivo dichiarato da Netanyahu fin dall’inizio di riportare a casa nel nord di Israele i 60/70 mila sfollati interni, pare ancora lontano e più difficile da cogliere», conclude Tricarico.