l'analisi
Libano, l'esercito non affianca Hezbollah: il possibile ruolo per la pace nell'area
L’esercito libanese non sta al fianco di Hezbollah, non è neutrale rispetto agli attacchi israeliani, ma non combatte e potrebbe avere un ruolo per la pace nell’area. Il capo di stato maggiore Joseph Aoun solo pochi giorni fa aveva ribadito la posizione già resa nota dal governo di Beirut: "L’esercito non sarà coinvolto nella guerra tra Hezbollah e Israele". Proprio gli ultimi feroci bombardamenti da parte dell’aeronautica dello Stato ebraico hanno spinto Aoun a ordinare il ritiro di alcuni battaglioni schierati lungo la "Linea Blu", il quasi-confine con Israele stabilito dall’Onu nel 2000 al fine di verificare il ritiro delle forze israeliane. Tuttavia, l’esercito libanese rimane al confine sud, forte del proprio status di esercito dello Stato, nonostante degli armamenti che non possono competere con quelli dell’esercito israeliano. Lo scorso giovedì si è registrato il primo scambio di colpi dal 7 ottobre 2023: un bombardamento israeliano ha ucciso un militare e i carri armati libanesi hanno aperto il fuoco.
Per capire se l’esercito risponderà, "bisognerà" attendere una incursione di terra da parte delle forze israeliane, ma l’ordine da Beirut è di fare di tutto per evitare questa eventualità. Si tratterebbe in ogni caso di risposte dall’efficacia destinata a rimanere limitata: armi ed equipaggiamento dei militari libanesi hanno infatti risentito della grave crisi economica che da anni affligge il Paese. Un attendismo che però non fa bene alla reputazione di cui l’esercito libanese gode presso la popolazione del sud del Libano. Hezbollah combatte, i militari no. Una volta simbolo dell’unità nazionale, considerato un’istituzione lontana dalle tendenze settarie e differenze di classe sociale del Paese, guidato per costituzione da un cristiano maronita, oggi l’esercito soffre della crisi non solo economica, ma anche di un governo che da due anni è in mano a un premier provvisorio. La gente non considera più l’esercito libanese in grado di proteggere il confine, nè tantomeno il Paese. Un problema che potrebbe avere delle ricadute in caso si inizi a discutere seriamente di una road map che, come nel 2006, traghetti il confine verso una pace garantita da forze di peacekeeping provenienti dall’estero, da affiancare all’esercito libanese.
Proprio nel 2006 i soldati libanesi consegnarono le armi agli israeliani nel villaggio di Marjayoun e bevvero the insieme a questi ultimi. Le immagini crearono un terremoto e una perdita di legittimazione che portò un vantaggio a Hezbollah. Il gruppo sciita libanese è il più grande gruppo armato al mondo, estremamente più forte dell’esercito regolare, detta legge nell’area. Nonostante questo potere e questa forza è escluso che Hezbollah possa rivestire un ruolo in una soluzione politica e diplomatica che garantisca la sicurezza del confine e la fine degli scontri. Allo stesso tempo la perdita di fiducia da parte della popolazione è controbilanciata dalla comunità internazionale, che punta ancora sull’esercito libanese per portare la pace nella regione. Un ruolo che solo l’esercito libanese può rivestire. Secondo Middle East Monitor e Al Arabiya il governo americano sta facendo pressione su Israele affinché vengano evitati attacchi all’esercito regolare libanese. Quest’ultimo deve agire in modo da non apparire complice di Israele, ma neanche neutrale e possibilmente non abbandonare le posizioni a sud del fiume Litani, a 30 km dal confine. Un equilibrismo difficile, ma non impossibile, che può consentire all’esercito di ritrovare legittimità presso la popolazione in attesa di un’investitura a ricoprire un possibile ruolo di pace da parte della comunità internazionale.