stati uniti

Jimmy Carter compie cento anni, da lui il disastro dem in Medioriente

Roberto Arditti

Speriamo si possa esaudire il desiderio di Jimmy Carter, 39esimo Presidente degli Stati Uniti che proprio ieri ha compiuto 100 anni: vivere ancora un po’ per riuscire a votare per Kamala Harris. Siccome però i quattro anni della sua presidenza (1977-1981) sono legati a filo doppio all’Iran ed alla presa di potere da parte degli ayatollah guidati da Khomeini, ecco che possiamo utilizzare l’auspicio dell’ex Presidente per ragionare sulle scelte americane nel difficile teatro del Medio Oriente. In particolare possiamo evidenziare tre momenti drammatici e fallimentari, tutti non casualmente avvenuti durante le amministrazioni democratiche. Il primo lo abbiamo appena evocato, cioè l’assalto di migliaia di manifestanti armati all’ambasciata americana del 1979, con conseguente prigionia per oltre un anno di decine di ostaggi. L’amministrazione Carter indugia a lungo per poi ordinare una disastrosa missione militare nella quale lo scontro fra elicotteri americani fa naufragare il tentativo di liberare gli ostaggi. Si apre a quel punto una trattativa che però si conclude solo il 20 gennaio del 1981, guarda caso il giorno dell’insediamento alla casa Bianca di Ronald Regan. Il secondo disastro è quello dell’appoggio dell’amministrazione Obama ai Fratelli Musulmani e alla stagione, tanto inconcludente quanto drammatica, delle cosiddette “primavere arabe”. Una stagione che ha portato nell’area solo morte, fallimenti economici e trionfo dell’Islam più radicale. Il terzo disastro è quello della fuga ignobile dei militari americani e occidentali da Kabul del 2021, in piena amministrazione Biden. Una scelta di ritiro affrettato e vigliacco, che ha consegnato alle lame dei talebani migliaia di donne e uomini afghani che avevano scommesso sull’Occidente come alleato di civiltà, di libertà, di progresso. Veniamo adesso ai giorni nostri, anzi a queste precise ore.

 

  

 

 

Israele è attaccata con migliaia di missili provenienti dall’Iran, che solo il poderoso sistema di difesa esistente riesce a contenere (costando centinaia e centinaia di milioni di dollari per funzionare). A questo si arriva anche grazie alla vergognosa indulgenza di cui movimenti politico-terroristici come Hamas ed Hezbollah hanno potuto godere sotto l’ala protettiva dell’Iran, verso il quale per anni c’è stata una sostanziale accondiscendenza, che per la verità andrebbe chiamata resa. Dopo il 7 ottobre 2023, pogrom contemporaneo in salsa islamica, in Occidente si è preferito manifestare contro Israele e le sue reazioni anziché agire contro gli organizzatori ed i partecipanti a quel terribile massacro. Le università americane, tanto care all’élite democratica, sono state inondate di bandiere palestinesi e di violente manifestazioni contro Gerusalemme: brillante performance della futura classe dirigente americana. Solo nelle ultime settimane e grazie alle iniziative israeliane si comincia a capire che la storia non è indirizzabile a chiacchiere, ma che richiede di essere affrontata con strumenti adeguati. Speriamo dunque che Carter possa andare a votare anche alla sua età veneranda, ma speriamo con tutto il cuore che la politica di cui è stato espressione esca sconfitta dal voto di novembre.