assurdo

Il caso del bambino-lupo e la deriva gender che sfugge di mano

Francesca Albergotti

Da un autorevole rapporto del Telegraph pare sia piuttosto frequente che i bambini nelle scuole del Regno Unito insistano per essere chiamati e trattati come animali. Il rapporto prosegue affermando che ci sono alunni che si identificano come cavalli, cani e gatti, ce n’è anche uno che desidera «essere riconosciuto come una luna». Non dovrebbe stupire, considerando la tradizionale predilezione dei britannici verso gli animali a scapito dei bambini che se possibile vengono spediti già a nove anni nelle famigerate boarding school.
Insomma, non c’è bisogno di essere psicologi dell’infanzia per capire che a un bambino trascurato possa venire naturale cercare attenzioni dei genitori fingendo di essere uno dei loro animali preferiti, leccando per esempio le ciabatte della mamma per farsi coccolare un po’, curiosamente però il fenomeno ha travalicato i confini marittimi della Gran Bretagna per espandersi negli Stati Uniti, in Giappone e in Germania. È un’organizzazione che si riunisce in diversi club nominati "comunità furry", cioè con pelo.

 

  

 

Gli appartenenti si attestano sul milione e ottocentomila nel mondo, e ognuno di loro ha scelto una "fursona", l’alter ego della propria persona umana. Vi si annoverano gli uomini-cane, che si comportano come cuccioli a tutti gli effetti, chiedendo coccole ai loro padroni, mangiando da una scodella, arrivando persino a passeggiare a quattro zampe per le vie della città, ovviamente al guinzaglio, ed esistono sottogruppi come gli "age gender", coloro che non si identificano con la loro età anagrafica, come il papà di 6 figli che a Toronto ha trovato una famiglia disposta ad adottarlo e a lasciarlo vivere con loro come se fosse una bambina di 7 anni. Quello che fino a qualche tempo fa (quando ero piccola io per esempio) era serenamente considerata una patologia e trattata con pratiche adeguate è oggi legittimata da una serie di "linee guida" che sottolineano l’importanza di aiutare i bambini a «superare le disuguaglianze» e garantire che vengano ascoltati nelle «decisioni che riguardano la loro vita», con un adeguato supporto dove ritenuto opportuno. Questa dunque è la scelta fatta dal governo scozzese rispetto al bambino che crede di essere un lupo (non un lupetto degli scout, proprio un lupo della stessa specie che voleva divorare Cappuccetto Rosso ), hanno seguito il «getting it right for children», spinti dall’urgenza di rispettare la "ruota del benessere" e supportare l’alunno pelosetto indipendentemente dagli ostacoli e dalle sfide che dovrà affrontare.

A favore ci sono studiosi che parlano di "disforia di genere", anche se altri studiosi negano qualsiasi disforia e cercano di riportare a un retto uso della ragione su dati biologici. Insomma nell’epoca della dittatura dei desideri ( tu puoi essere ciò che vuoi) l’esaltazione del sé sta provocando una deriva antropologica. Fatto sta che la donna che si è vista respingere il figlio che si identificava come gatto da un veterinario che ha rifiutato di visitarlo appellandosi all’evidenza scientifica dell’anatomia umana non paragonabile a quella di nessun animale è rimasta molto male. Ha denunciato l’imperdonabile condotta del professionista scrivendo un’accorata lettera al Daily Mail. Sono seguiti innumerevoli messaggi di solidarietà dalla comunità dei nuovi saggi, quelli che combattono per i "diritti", siano che siano, comunque e sempre. Quella sera la signora, rasserenata dalla solidarietà mostratele, ha cucinato per il suo figlio gatto un bel polmone bollito, il suo favorito. La mamma del bambino lupo in Scozia invece sta adocchiando un gregge nei paraggi, prima o poi riuscirà a catturare un agnellino per offrirlo ancora vivo al suo figlioletto. A lui piace così, crudo e palpitante.