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Cercapersone esplosi, prima il suono e poi il messaggio: perché si rischia l'escalation

L’esplosione dei cercapersone in dotazione ai membri di Hezbollah in Libano e Siria, imputata a Israele, continua a scuotere la regione. Appelli contro una escalation del conflitto in Libano sono risuonati, mentre al Cairo il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha incontrato il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ed è stata rinnovata la promessa di intensificare gli sforzi per giungere a un cessate il fuoco a Gaza con la liberazione degli ostaggi. Il bilancio dell’attacco nel Paese dei Cedri intanto è salito a 12 morti, tra cui due bambini, e quasi 3 mila feriti, di cui - secondo fonti dell’emittente saudita Al- Hadath - circa 500 miliziani di Hezbollah che hanno perso la vista. Tra i colpiti, anche l’ambasciatore iraniano a Beirut Mojtaba Amani, che ha perso un occhio mentre l’altro risulterebbe gravemente danneggiato. Da Teheran, la Mezzaluna Rossa iraniana ha annunciato di aver inviato «squadre di soccorso e chirurghi oculisti» in Libano.

 

  

 

 

Secondo le testimonianze, i cercapersone hanno emesso un segnale acustico per alcuni secondi prima di esplodere, il che significa che gli utenti li hanno sollevati verso il viso per leggere il messaggio prima che esplodessero. Il dispositivo è stato riconosciuto da un’alta fonte libanese, citata da Reuters, come un AR-924, un mezzo di comunicazione a bassa tecnologia utilizzato proprio per cercare di eludere il rilevamento della posizione da parte degli israeliani. I cercapersone sono stati modificati dal Mossad «a livello di produzione», ha sostenuto l’esponente della sicurezza: l’agenzia di intelligence dello Stato ebraico «ha inserito all’interno del dispositivo una scheda contenente materiale esplosivo che riceve un codice. È molto difficile rilevarlo con qualsiasi mezzo», ha spiegato. Mentre si moltiplicano le analisi e gli interrogativi su come sia stato possibile organizzare una simile operazione, da Taiwan il capo dell’azienda Gold Apollo, Hsu Chin-kuang, ha fatto sapere che i dispositivi non sono stati prodotti da loro ma dalla società ungherese Bac, che ha un accordo per utilizzare il marchio della società di Taipei. Interpellata da SkyNews, l’amministratore delegato dell’ungherese Bac Consulting, Cristiana Barsony-Arcidiacono, ha tuttavia smentito: «Non faccio io i cercapersone, sono solo una intermedia. Penso che abbiate sbagliato».